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Avvicinarsi al Prototipo

Nella fase finale di ogni progetto di ricerca comincia la fase di studio progettuale del Prototipo o Pilota. Per noi è una fase cruciale, in cui convergono tutte le ricerche e le ipotesi, anche operative formulate ed eseguite, insieme alle prove effettuate in ordine agli oggetti digitali proposti.

Dall’inizio del Progetto ci siamo indirizzati verso la scelta di un oggetto narrativo all’interno della Biblioteca Centrale “Bombace” di Palermo, che faccia da apri porta, da focus narrativo, da punto di interesse dalle caratteristiche appassionanti e coinvolgenti, per veicolare l’attenzione e la promozione sulla Biblioteca.

La tesi è sempre quella: se la Biblioteca è sede della cultura locale e dell’interscambio con il resto del mondo, è sugli oggetti narrativi interessanti che si deve far leva per suscitare adesione, passione e quindi rivitalizzare il ruolo dell’istituzione.

A dicembre dello scorso anno abbiamo scelto una pubblicazione particolare, edita nel 1666 per illustrare l’evento del funerale a Filippo IV, tramandandone la memoria come sovrano, ma anche come viceregno di Sicilia, con tutte le sue implicazioni, politiche, sociali ed economiche. Ne ha parlato diffusamente per noi Valeria Patti con un articolo su questo blog.

Si potrebbe pensare che un titolo come “Le solennità lugubri e liete …” possa non attirare l’attenzione del vasto pubblico e quindi incuriosire e invitare alla visita (fisica o virtuale).

Siamo convinti che non sia così. Già nel titolo è presente una contraddizione in termini che è proprio nell’essenza dell’evento e negli scopi della pubblicazione del libro: un evento pubblico insieme funereo e lieto suscita una spontanea curiosità. In effetti si è trattato di una festa popolare, con tanto di complessi apparati scenici, e priva del motivo principe dell’occasione: mancava il feretro.

Il libro descrive l’apparato cerimoniale messo “in scena” per mezzo di un corteo e di strutture architettoniche effimere, nella città di Palermo del 1666, in occasione della morte del sovrano Filippo IV di Spagna, al fine di tramandarne ai posteri la memoria e le suggestioni. Questo lo scopo ufficiale.

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Il secondo, e più importante, realizzava una pubblicazione in grado di far percepire alla corte di Spagna quanto il popolo siciliano e le sue istituzioni amassero la corona e si prodigassero per il loro mantenimento. Il volume doveva quindi avere capacità narrative tali da “mostrare” alla corte lontana quanto i suoi sudditi, dal Vicerè all’ultimo popolano, fossero interessati al buon esercizio della corona.

Il terzo era rivolto all’interno: la struttura stessa  dell’evento è stata studiata in modo da dimostrare nel presente storico e nella città di Palermo, la complessa struttura sociale di tipo monarchico e feudale che volevasi rendere inamovibile, nonostante qualsiasi possibile sconvolgimento popolare: a Palermo vigeva immutato l’antico detto latino di panem et circenses.

Pertanto l’opera narrativa, utilizzando modalità descrittive evocative e, includendo al suo interno alcune tavole illustrate, prova ad “immergere” il lettore in maniera “totale”, ovviamente con i mezzi messi a disposizione dall’editoria dell’epoca, all’interno delle atmosfere che caratterizzavano eventi di rilevanza storica soprattutto se legate alla sfera dei regnanti.

Alla ricerca delle migliori soluzioni per il Pilota del Progetto Bookalive, siamo partiti proprio da queste caratteristiche dell’opera al fine di individuare alcune parole chiave che possano essere immediatamente evocate dall’allestimento ipotizzato e condurre il target ad una fruizione appassionante e culturalmente idonea.

Certo, un compito complesso che va semplificato in modo da focalizzare l’attenzione.

Dopo attenta analisi ci è sembrato che l’opera, e gli scopi che si prefiggeva, possano essere letti oggigiorno attraverso un complesso di parole evocative di mondi passati e presenti, sempre attuali.

Ovvero:

  • morte come sublimazione terrena;
  • ordine sociale come ordine cosmico;
  • effimero come mezzo di costruzione della realtà.

Il legame della Casa Borbone con l’aldilà è forte nell’immaginazione popolare. Il Re di Spagna si considerava mandato da Dio per governare gli uomini. Così Velasquez raffigura Filippo IV a cavallo, sovrastato da angeli che circondano il suo sguardo sicuro e impassibile. Filippo inoltre era chiamato Re Pianeta, sulle province governate non tramontava mai il sole. Era anche il vero e primo rappresentante del barocco e della sua visione del mondo. La sua scomparsa non era certamente una scomparsa, piuttosto una sublimazione terrena, un’elevazione verso nuove dimensioni, la pace finale per un re affannato da quarant’anni di regno vasto e intricato. La perdita per il popolo era certamente grande, e la sua memoria doveva essere adeguatamente festeggiata.

Proprio la sublimazione celeste della vita terrena torna sulla superficie del nostro pianeta come ordine sociale da mostrare al popolo, per confermare ruoli e poteri, e rendere i protagonisti della politica i veri benefattori della popolazione: se Filippo IV era il Borbone gradito a Dio, i suoi vicerè erano i suoi emissari, e come tali potevano salire ad altezze inusitate nelle province lontane come la Sicilia. Tutte le architetture effimere e il corteo funerario erano precisamente predisposti a questo scopo. L’ordine sociale ne era rappresentato nella sua completezza.

L’effimero è parente della narrazione. Tutti gli scopi sopra delineati erano narrativamente realizzabili attraverso apparati scenici dimostrativi: si trattava di fare teatro della realtà. Per il funerale di Filippo non si badò a spese, tra corteo e porte allegoriche installate in quattro punti diversi della città. Tutto ciò, a ben vedere, è molto simile alle necessità odierne di promozione: nulla è più effimero di un’applicazione per iPhone o di un sito web, eppure permangono come potenti mezzi narrativi e immersivi di comunicazione e narrazione. Ci proponiamo pertanto di saltare da effimero a effimero, da architetture di cartapesta a web site e libri digitali che ripropongono il passato facendolo rivivere.

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Siamo ancora nella fase di elaborazione di un progetto di comunicazione attraverso un’installazione museale che possa servire da Pilota/Prototipo.

Data la complessità dell’operazione e il budget prossimo allo zero delle spese di allestimento,  saremo costretti a studiare il progetto e a realizzarlo in modo effimero, anch’esso, attraverso una visita virtuale da predisporre sul web, con la possibilità di visualizzare  e scaricare i contenuti in ebook predisposti.

Alla ricerca di precedenti illustri, un input interessante da analizzare come case study è la complessa campagna per la comunicazione del nuovo allestimento del Museo Egizio di Torino.

In questo caso la messa in opera ruota sulla parola chiave: RISCOPERTA e il claim della campagna di comunicazione si traduce appunto in “E’ tempo di riscoprire i Tesori dell’Egizio”. Vengono innescate una serie di azioni legate all’atto di “rimuovere l’elemento che cela” il reperto, ad esempio: soffiare su un sensore per attivare un robot che spazza via la sabbia, o l’installazione della grande clessidra che scopre, nell’arco d’attesa dall’inaugurazione, anch’essa un altro reperto. Con tali azioni vengono chiamate in causa concettualmente gli elementi tempo ed attesa e fisicamente l’elemento sabbia. In fine, il web site convoglia tutte queste interazioni integrandole con la documentazione del restauro della sede espositiva.

Nella fase di elaborazione delle idee ci siamo dati la libertà di esplorare anche altri ambiti di cui non mancheremo di darvi notizia nei prossimi articoli.

Antonio Massara
Angela M. Benivegna

Biblioteche e social network

Nel report della ALA (The American Library Association) circa l’uso dei Social Network da parte delle Biblioteche Pubbliche, l’analisi ha rivelato che nel 2012 le varie piattaforme in Rete si sono dimostrate utili non solo a promuovere la disponibilità di edizioni on line ma anche per la  costituzione di una relazione di fiducia con gli utenti.

Anche negli USA, il massimo finora attuato in termini di uso dei SN consista nel:

  • promuovere eventi e contenuti on line;
  • proporre link ai contenuti via via messi in Rete;
  • ricevere feedback dal pubblico sulle iniziative della Biblioteca.

Si potrebbe dire che sia ancora poco, anzi, pochissimo. Ma non la pensiamo così. Si tratta dei primi esperimenti, condotti più che altro come “prove” e decisioni talvolta estemporanee con cui questi enti cominciano a misurarsi con una realtà completamente nuova, selezionando nel tempo una serie di obiettivi successivi.

La domanda è: il Social network serve ad una Biblioteca? Una biblioteca pubblica dovrebbe avere una pagina Facebook? E se si, perché e come e per fare cosa?

Sembrano domande banali, ma in verità non lo sono affatto perché non conta tanto la risposta (che d’istinto si vuole positiva) quanto il come queste scelte incidono sull’operatività, le scelte sui contenuti e in definitiva la personalità delle biblioteche che ne risulta e il loro rapporto con il pubblico.

Di solito si considera il problema dal punto di vista della capacità promozionale del Social Network per il soggetto che lo utilizza. E’ un approccio attivo, che associa il ruolo del Social Network a quello dei vecchi media televisivi e a stampa. Purtroppo, o per fortuna, la dinamica del fenomeno è completamente diversa. Se quindi la risposta alle domande è affermativa PERCHE’ si vuol fare promozione, allora cominciano i problemi.

I Social Network (SN) non sono luoghi privilegiati di comunicazione ma di CONDIVISIONE e CONVERSAZIONE. Noi condividiamo informazioni e storie ai nostri contatti e amici, un elenco impressionante e sempre aggiornato di eventi, idee, sentimenti e immagini della nostra vita che inseriamo in quella grande piazza locale della rete affinché tutti vedano quel che sentiamo/vediamo/emozioniamo.

Quando una Biblioteca Pubblica apre un profilo sui SN, comincia ad allargare i componenti delle sue cerchie allo scopo di essere presente nel flusso delle condivisioni dei soggetti “fisici”, ma non ha un corrispettivo feedback, cioè non riceve una cronologia di ritorno. E’ una sorta di comunicazione “a senso unico” come appunto quella della televisione. Ed è appunto del tutto asimmetrica rispetto al vero valore dei SN nella vita dei suoi componenti. E’ difficile instaurare una conversazione vera, anche se si dovesse arrivare ad organizzare un vero e proprio staff che si occupa della conversazione.

In secondo luogo occorre focalizzarsi sul CONTENUTO della conversazione. Se è ovvio che una Biblioteca non posterà foto di gattini (a meno che non si tratti di statue egizie di dee gatto o immagini litografiche sulla classificazione felina) è d’altra parte vero che lo “status” della Biblioteca nei SN si costituirà solo se i contenuti e le loro condivisioni saranno in linea con gli obiettivi della comunicazione voluti e le aspettative dei follower. Mentre il primo aspetto dovrebbe essere attentamente pianificato da parte della Direzione (e di questo parleremo dopo) è altrettanto giusto parametrarsi a quello che i follower si aspettano che una biblioteca dovrebbe fare per me che spesso è del tutto diverso da quello che si aspetta la Direzione della Biblioteca.

Proviamo quindi qui di seguito a delineare le possibili aspettative dei potenziali follower:

  • identità culturale
  • disponibilità facilitata di contenuti on line, off line, digitali e cartacei;
  • proposizione di contenuti elaborati dalla stessa biblioteca
  • servizi rapidi di ricerca e reperibilità degli oggetti
  • sale lettura comode, accoglienti e connesse ad internet
  • prestito, consegna e ritiro a domicilio dei volumi richiesti

Di contro l’offerta attuale riguarda:

  • tradizionale offerta di sale lettura e degli oggetti conservati nella biblioteca
  • disponibilità limitata di contenuti digitali offerti su piattaforme dalle capacità varie;
  • promozione di eventi e manifestazioni “one shot”

E’ evidente che, se l’elenco delle aspettative è legittimo, c’è un gap tanto vasto che si potrebbe pensare di gettare la spugna e rimandare il problema a data da destinarsi. E sarebbe un errore, poiché nelle dinamiche della rete è insito invece il processo di step by step che arricchisce la relazione e la conversazione che si instaura nei SN.

Quindi il problema si sposta ulteriormente al che fare concretamente. La risposta dovrebbe essere articolata e orientata a:

  • proposizione di eventi identitaria e culturali;
  • riproposizione di servizi possibili e incrementabili;
  • conversazione.

Il terzo aspetto è decisivo nel lungo periodo, ed è quello che andrebbe impostato per primo. E’ infatti dall’esercizio costante della conversazione che scaturiranno problemi e loro soluzioni, proposte e loro feedback con la popolazione dei follower.

Come fare?

La proposta di base considera l’apertura di una sorta di “ufficio relazioni esterne” via SN che sia capace (e libero) di instaurare conversazioni sulla base delle attività della biblioteca verso il pubblico, convergendo l’attenzione del gruppo di follower.

Per farlo occorre:

  • la configurazione di una vera identità da proporre;
  • la redazione di un programma editoriale che comprenda eventi e contenuti da proporre;
  • uno staff per la realizzazione del precedente e capace di interloquire stabilmente con le richieste dei follower.

Sono certamente impegni importanti per una Biblioteca. Non soltanto dal punto di vista delle risorse da impiegare ma soprattutto per l’approccio diametralmente opposto a quello attuale. In questo momento l’approccio è rivolto alla conservazione e alla messa a disposizione locale delle risorse culturali; l’appoccio dello Staff SN di una biblioteca dovrebbe essere quello di “gestire un’esplosione controllata” dei contenuti culturali e identitari di una Biblioteca.

Un approccio su cui avremo bisogno di riflettere attentamente.

La Biblioteca del Senato della Repubblica “Giovanni Spadolini”

Ospitiamo con piacere l’intervento della Dott.ssa Stefania Gialdroni sulla Biblioteca del Senato della Repubblica e sul Fondo Cortese

La città di Roma vanta notoriamente un patrimonio librario che per varietà e antichità non ha eguali nel mondo. Una parte consistente dei libri antichi che costituiscono tale patrimonio è però – per evidenti ragioni di preservazione ma anche a causa di lacune organizzative – accessibile solamente ad una ristretta cerchia di specialisti dei vari settori disciplinari. Pur nel contesto di una tale abbondanza di fondi, la Biblioteca del Senato della Repubblica rappresenta un’eccezione e un’eccellenza da svariati punti di vista: la ricchezza del patrimonio (700.000 volumi, circa 3.000 periodici e 600 giornali italiani e stranieri, la più importante raccolta di Statuti di Comuni e Corporazioni dal Medioevo all’Età contemporanea, antiche edizioni di testi romanistici e canonistici, inclusi manoscritti, incunaboli e cinquecentine, etc. ), l’accessibilità (la biblioteca è aperta al pubblico ed è ubicata nel cuore della città, a pochi passi dal Pantheon) e, non da ultimo, la specializzazione. Insieme alla Biblioteca della Camera dei Deputati, con la quale condivide il Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare (accessibile online), la Biblioteca Giovanni Spadolini è infatti il luogo privilegiato nel quale reperire testi relativi all’attività del Parlamento (legislazione, atti parlamentari, regolamenti, etc.) e alla storia giuridico-politica italiana e internazionale.  Soprattutto però, dopo la recente acquisizione del Fondo Cortese, la Biblioteca del Senato può essere considerata come “depositaria del più completo sistema di fonti del diritto per la storia italiana tardo medievale e moderna”, un luogo unico nel quale studiare la storia giuridica italiana ed europea, dal diritto statutario locale, alla legislazione delle signorie e degli antichi stati, alle fonti del diritto comune.

La biblioteca, fondata nel 1848 e originariamente  ubicata nella sede torinese del Senato (Palazzo Madama), porta oggi il nome del Senatore Giovanni Spadolini, sotto la cui presidenza, nel 1991, il Senato acquisì l’attuale sede, il cinquecentesco Palazzo della Minerva, aperto al pubblico dal giugno del 2003.

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Sala dei Periodici della Biblioteca del Senato

Il patrimonio storico-giuridico della Biblioteca del Senato: il Fondo Cortese

 La Biblioteca del Senato ha ricevuto, nel corso dei decenni, importanti donazioni  (le più recenti sono quelle dei Fondi Zaslavsky e D’Onofrio), grazie alle quali si è consolidato il duplice carattere del suo patrimonio: biblioteca parlamentare specializzata e luogo di elezione per la ricerca storica (anche locale), storico-giuridica e politica. Dopo l’acquisizione delle biblioteche personali di Alessandro D’Ancona (1914), Alessandro Chiappelli (1934) e Amintore Fanfani (1999), nel 2000 sono entrate a far parte del patrimonio della Biblioteca del Senato 364 opere di diritto romano e canonico (secc. XVI-XIX) appartenute al celebre giurista Filippo Vassalli. Tale donazione ha segnato un nuovo corso nelle politiche di sviluppo della biblioteca, orientate da quel momento anche verso le fonti del diritto comune.  Una tendenza recentemente confermata dall’acquisizione, tra il 2005 e il 2010, del Fondo Cortese, la biblioteca  personale del Prof. Ennio Cortese, emerito di Storia del diritto italiano dell’Università “La Sapienza” di Roma, da lui generosamente donata (puoi leggere l’intervista del prof. Cortese in occasione della pubblicazione del primo volume del Catalogo del Fondo).  Il Fondo, collocato nella “Sala Cortese”, una grande sala di consultazione al primo piano della biblioteca, consta di una sezione antica – circa 1.000 opere di diritto comune edite tra il XV e il XIX secolo, per un totale di quasi 2.000 volumi – e di una moderna, che comprende più di 5.000 opere di argomento giuridico e storico-giuridico, sia italiane che straniere. Il Catalogo del Polo bibliotecario parlamentare include il patrimonio del Fondo Cortese ma per una descrizione più dettagliata delle opere è oggi disponibile il primo volume del Catalogo del Fondo Ennio Cortese: manoscritti, incunaboli e cinquecentine (a cura di A. Casamassima, Firenze 2012), mentre il secondo volume (opere dei secoli XVII-XIX) è attualmente in preparazione.

Questo patrimonio di testi di argomento storico-giuridico unico per qualità, complessità e antichità è oggi riservato a chi può recarsi personalmente presso la Biblioteca del Senato. Le moderne tecniche di digitalizzazione potrebbero rendere davvero accessibile, senza che si pongano problemi relativi al deterioramento di preziosi testi antichi, questa vera e propria “miniera” della cultura storico-giuridica europea a cui tutti dovrebbero poter attingere.

 I Libri di Minerva, un video che ci accompagna alla Biblioteca “Giovanni Spadolini”, buona visione e buona lettura.


Bibliografia Palermitana del ‘600

Venerdì scorso (12.12) alla Biblioteca Centrale di Palermo è stato presentato il volume “Bibliografia delle edizioni palermitane antiche BEPA II. Edizioni del XVII secolo”, curato da Carlo Pastena, Angela Anselmo e Maria Carmela Zimmardi.

Si tratta del catalogo di tutte le pubblicazioni note stampate a Palermo nel corso di un secolo, un lavoro di grosse dimensioni a beneficio degli studiosi e della ricerca storica del periodo ponendo in essere una pietra miliare nella catalogazione delle pubblicazioni localiedito dalla stessa Biblioteca. La Bibliografia registra  3155 edizioni edite da 30 tipografi tutti palermitani,  di argomento vario, come testimonia l’annessa mostra sulla tipografia e sull’attività editoriale di epoca barocca di cui speriamo di parlare presto, in un altro articolo dedicato all’argomento.

Nel frattempo la corposa pubblicazione, in edizione digitale è disponibile QUI

Il Direttore della Biblioteca Centrale, Dott. Vergara Caffarelli, ha presentato la pubblicazione compiendo un’escursus degli obiettivi e degli intendimenti della Biblioteca per il futuro, che riteniamo importante per il progetto BookAlive, e che riportiamo quindi qui di seguito per cenni, sperando di essere quanto più possibile aderenti al suo pensiero.

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Innanzitutto, il Dott. Vergara pone l’accento sul fatto che pubblicazioni come quella della “Bibliografia” sono frutto dello sforzo di una Biblioteca come la Centrale, in assenza di un qualsiasi altro soggetto che possa interessarsene, con grave danno della capacità degli studiosi di avere riferimenti per la consultazione storica e scientifica. Un effetto di quel carattere barbaro dei tempi su cui il Dott. Vergara non ha voluto porre ulteriormente l’accento. Molto più importante il fatto che la Biblioteca Centrale abbia voluto, compiendo uno sforzo non indifferente, produrre la versione a stampa oltre a quella digitale. Perchè non c’è dubbio che se il digitale è il futuro per il ruolo tipico della Biblioteca Pubblica, è anche vero che l’edizione a stampa di volumi preziosi per l’argomento, lo studio e la ricerca, rimane essenziale per la consultazione. Perchè la stampa offre l’opportunità di avere sott’occhio l’ampiezza dell’argomento trattato, potendosi valutare un periodo storico e le sue produzioni editoriali secondo diverse dimensioni, cosa impossibile o estremamente ardua con un’edizione digitale.

Lo strumento digitale tuttavia, prosegue il Dott. Vergara, è comunque il futuro, e per questo motivo è intenzione della Biblioteca Centrale dedicarsi alla realizzazione di un obiettivo vasto e ambizioso e tuttavia imprescindibile: la creazione di una  Biblioteca Digitale Siciliana . Perchè se è vero, come consta a tutti coloro che si interessano di bibliografia digitale, che questa è costituita più da un “arcipelago digitale da navigare” piuttosto che da un unico corpus librario digitale a livello europeo o mondiale, allora la Biblioteca Digitale Siciliana può ben contribuire alla numerosità e profondità di questo arcipelago di “teche” librarie digitali, offrendo la specificità tipica locale, nell’evolversi della sua storia.

Nello studiare mezzi e metodi per arrivare a quest’obiettivo, è importante non focalizzarsi su un’attività massiva di digitalizzazione, ma procedere per percorsi e scelte che avranno l’impronta delle persone che vi si dedicheranno e che condurranno il lavoro analitico.

Per questo abbiamo discusso, continua il Dott. Vergara,  con Klaus Kempf della Bayerische Staatsbiblioteche di Monaco di Baviera, incontrato di recente al Workshop BookAlive, progetto cui la Biblioteca Centrale partecipa nell’ambito del suo obiettivo, chiedendoci quale possa considerarsi la massa critica, cioè il volume di testi da digitalizzare affinche la “teca” siciliana digitale possa emergere a pieno titolo nell’arcipelago del “sapere digitale”, determinando che probabilmente un catalogo con 15.000 titoli disponibili potrebbe contribuire all’emersione dei 140 anni di storia, lo stesso intervallo temporale che ci separa da Alessio Narbone, gesuita e uno dei primi Direttori della Biblioteca Centrale, attento studioso e innovatore della materia bibliografica, promotore di una “griglia sistematica”  che curiosamente potrebbe ben figurare nella catalogazione digitale adottata in futuro.

Facciamo i migliori auguri alla Biblioteca e al suo Direttore di ben proseguire nell’obiettivo delineato, che è perfettamente in linea con quelli del Progetto BookAlive, all’interno dei quali Informamuse e la stessa Biblioteca collaborano.

Libri, TEDx e stelle marine

Nel mondo anglosassone, negli Stati uniti come in Inghilterra, le biblioteche pubbliche spesso hanno numerose dipendenze locali all’interno di una comunità. Le dipendenze hanno un numero ridotto di volumi disponibili, soprattutto di narrativa commerciale, per favorire e diffondere la lettura e l’amore verso la letteratura. Ma sono numerose, e capita spesso che piccole città con una biblioteca centrale non importantissima abbiano fino a venti dipendenze locali, disperse su tutto il territorio comunale. Una presenza capillare. Forse per questo il numero dei lettori in quelle nazioni è molto più elevato che da noi.

Ma la crisi delle biblioteche e della lettura colpisce anche quei paesi, e molte biblioteche rispondono con la chiusura delle dipendenze locali. Altre invece fanno di tutto per salvarle, considerandole centrali per la diffusione del sapere. Perchè chiudere anche solo una o due dipendenze su venticinque può essere devastante.

Il perchè è spiegato da Philip Ardagh con una piccola e gustosa storia, che ho tradotto qui per voi dall’inglese.

” … una vecchia storia (probabilmente in origine da Loren Eiseley) di centinaia di stelle marine spiaggiate per una mareggiata proprio sulla battigia.  Un uomo e il suo cane che passeggiavano di là si imbatterono in una donna intenta a gettarle in mare.  Stupito, le chiese cosa stesse facendo.  ‘Le sto mettendo di nuovo in acqua per salvarle dalla disidratazione,’ spiegò la donna.

 L’uomo rise. ‘Ma che fate?’ chiese. ‘Ci sono così tante stelle marine, non fa alcuna differenza.’

 La donna prese un’altra stella marina e la gettò in mare. ‘Lo faccio per lei,’ rispose.

 Il giorno dopo, quando la donna ritornò sulla spiaggia vide lo stesso uomo, ma questa volta con i suoi figli, e tutti erano intenti a gettare in mare stelle marine. ‘Ciao’, la salutò con un sorriso. ‘Abbiamo pensato di venire e fare la differenza per qualche stella marina in più. ‘ “

Philip Ardagh conclude dicendo che “è ‘più facile salvare una libreria che esiste ancora che cercare di farne risorgere una quando è morta.”  E questo è certamente vero.

Invece a me la storia intriga per un altro motivo: qualunque cosa tu faccia, lo fai un passo alla volta. Non puoi salvare tutte le stelle marine, non puoi entrare nella spiaggia col bulldozer e rigettarle in mare insieme a tonnellate di sabbia. Morirebbero schiacciate. Ogni stella marina si salva se te ne prendi cura, una alla volta. Così come tutti i libri si salvano se li prendi uno alla volta, li leggi uno alla volta, li conservi uno alla volta.

Noi siamo intrisi dal meme della “massa”. Produzione di massa, comunicazione di massa, istruzione di massa, ristorazione di massa, disoccupazione di massa e via così. Deleghiamo alle macchine di costruire una penna alla volta, noi le vediamo solo tutte insieme, non sono più “penne” sono “una scatola con due milioni di penne”. Il mondo invece cambia, o si salva, quando facciamo le cose una alla volta.

La stessa cosa mi è capitata qualche sera fa, quando ho partecipato alla riunione di fondazione del comitato per l’evento TEDx  a Palermo, nel 2015. Il format americano prevede un pubblico massimo di 100 persone, e già in sala ci stavamo scervellando come aggirare quel limite per i più incomprensibile, perchè a noi piacciono i grandi eventi, la folla, la grandezza, la massa. Invece quel marchio rivoluzionario che è TEDx lavora per piccoli numeri, perchè sanno per esperienza che se crei in un giorno cento innovatori sfegatati, fra cinque anni quei 100 produrranno 5000 innovatori sfegatati e 50 aziende che hanno 15000 clienti appassionati, e via così.

Convincere e istruire cento persone già vicine al cambiamento è molto più facile che farlo con uno spettacolo che intrattenga 10.000 persone che hanno altri problemi e che sono lì per divertirsi. Rischi di non produrre alcun effetto.
Perchè devi prenderti cura delle stelle marine, una alla volta. Non puoi usare il bulldozer. Devi chinarti e prenderle con leggerezza, accompagnandole in mare.

Con cura.

Un Viaggio fra le super Biblioteche nel Mondo

Tenete stretta una bussola fra le mani perché ha inizio un breve viaggio che ci porta a sbirciare sotto la pelle avveniristica delle Biblioteche contemporanee di nuova istituzione sparse per il mondo.

Un viaggio virtuale, riprendendo l’input di un precedente post, iniziamo ad esplorare adesso i rispettivi siti internet delle best 5 Library secondo la BBC:


Seattle Central Library
http://www.spl.org/

Il  sito, onestamente, non segue linee altrettanto ardite.
Sbirciando fra gli Eventi organizzati dalla Biblioteca spicca una particolare attenzione ad attività legate all’apprendimento delle lingue (inglese e spagnolo) ed a Children’s Story Time dedicati appunto ai bambini di varie fasce di età, con o senza la presenza dei genitori.

Il sito è agganciato ai vari social fra Facebook, Twitter, Pinterest, Youtube …
Mi incuriosisce però vedere cosa passa su Youtube e scovo un tipo di video virale attualmente fra i più utilizzati: il Flash Mob.

In questo caso è un momento di danza collettiva sulla voce di Whitney Houston a distogliere per un paio di minuti gli occhi dai libri o dai monitor. Caricato in Luglio del 2010 conta poco più di 60.000 visualizzazioni, non è male!

C’è un’altra cosa particolare che questa Library americana offre, ovvero la tessera della biblioteca funge anche da pass per accedere ai Musei di Seattle.


Biblioteca Vasconcelos
http://www.bibliotecavasconcelos.gob.mx/

La Home Page della biblioteca messicana subito annuncia un Programma di Attività variegate!

Conferenze, cinema, workshop che vanno dal teatro al giornalismo alla musica, concerti, letture ad alta voce, attività e spazi dedicati ai bambini, sale attrezzate con strumenti musicali per chi vuole suonare e c’è anche una Sala Braille equipaggiata tecnologicamente per soddisfare le esigenze dei non vedenti. In più l’edificio è ubicato dentro uno spazio di 26.000 m² di giardino dove chi vuole può scegliere di leggere all’aria aperta.
Insomma non è solo Biblioteca ma un vero Centro Polivalente con una forte vocazione al Sociale come racconta il direttore Daniel Goldin in un video:

“Le biblioteche pubbliche sono generalmente spazi non solo per la lettura. Sono spazi d’incontro, per lavorare, per la ricerca, sono spazi dove la gente viene a rilassarsi, viene ad imparare, viene a rifugiarsi. Questo è un luogo dove tutti i servizi, a parte le fotocopie, sono assolutamente gratuiti”


Kanazawa Umimirai
http://www.lib.kanazawa.ishikawa.jp/umimirai/

Home Page minimale, bicolore e molto giapponese, dove il motivo a pois si ripete in tutte le declinazioni. L’Identità Visiva è curatissima.
Se la Biblioteca messicana privilegia in particolare eventi ed attività che toccano “l’udito”, quella giapponese predilige “la vista” con ambienti espositivi dedicati a Mostre d’arte e fotografia.

Nata per creare uno spazio pubblico dove attivare delle iniziative in una zona della città di Kanazawa definita troppo tranquilla, in realtà sembra che “incarni” proprio questa identità placida e pacifica, immersa in un silenzio quasi metafisico, come mostrano i seguenti video:


Spijkenisse Book Mountain
http://www.deboekenberg.nl/

Il sito è pieno di tante informazioni organizzate sistematicamente mentre in evidenza ci sono le numerose news relative agli eventi e alle attività.

Navigando fra le proposte offerte si conferma una costante ormai chiara incontrata anche fra le altre biblioteche: attività dedicate ai bambini.
Perché infatti non fare un bel Camping piazzando una tenda ai piedi della Montagna di libri e lasciarsi stuzzicare dalla fresca brezza di una storia interessante? Oppure condividere la lettura durante la settimana dedicata al libro emozionante.

La straordinaria dislocazione dei libri ordinati dentro box di legno invita a “percorrere un sentiero” esplorativo che si arrampica nella successione delle rampe verso l’alto. L’intero progetto ideato dal MVRDV è anche un chiaro messaggio simbolico invitando alla lettura come un momento di estrema naturalezza all’interno di una comunità agricola vicina a Rotterdam con il 10% di analfabetismo.

Anche in questo caso la biblioteca non è solo biblioteca ma contiene un centro per l’educazione ambientale, un club di scacchi, auditorium, aree commerciali e di ristoro.

Qui puoi vedere un  video di presentazione sul sito della BBC.


Library of Birmingham
http://www.libraryofbirmingham.com/

La nuovissima struttura che accoglie la biblioteca di Birmingham non è un luogo dedicato solo ai libri (e pure questa caratteristica della Polivalenza diviene ormai un paradigma assodato) ma scrigno il cui tesoro risplende ed attrae soddisfacendo anche il “godimento visivo” con Collezioni di Fotografia o la stessa architettura. Un occhio di riguardo viene strizzato all’Arte del Teatro e della Performance.

News, Blogs, Community e link ai Social in rete disseminati ovunque.

Fisicamente è la più grande biblioteca pubblica d’Europa costruita in una città che ospita la più giovane popolazione di tutto il continente.
Tale attenzione sottolinea come il luogo Biblioteca sia fondamentale e punto cardine nella vita di una generazione che rappresenta il futuro.
La Biblioteca stessa diviene sinonimo di Futuro.


Un paradigma fondamentale che emerge da questo piccolo tour fra alcune delle Biblioteche nel mondo di nuova costruzione e costituzione è legato alla funzione Relazionale.

Come sottolinea l’illuminato direttore della Biblioteca Vasconcelos, la funzione relazionale è fondamentale per ripensare al ruolo del luogo Biblioteca all’interno della società:

“Ripensare qual è la relazione dello spazio con le persone, con la produzione del pensiero, con la produzione del sapere e soprattutto con una cosa che è importante, la relazione che si può stabilire tra il rumore dell’intorno alieno e lo spazio della Biblioteca. La Biblioteca è un luogo d’incontro, d’incontro con se stessi o con un altro individuo, o con il patrimonio, cioè se stessi, in relazione con altri patrimoni, ovvero gli altri.”

La Biblioteca deve quindi aprirsi in tutte le declinazioni del concetto di apertura veicolando ciò che custodisce: la cultura appunto, condensata nei libri ma non solo, anche il luogo stesso deve aprire le porte della sua anima come potenziale punto di scambio di cultura, amplificando le sue potenzialità di terreno fertile per far germogliare un concetto di società contemporanea basata sulla relazione e non sull’alienazione.

Le iniziative intraprese dal campione di biblioteche esplorate ruotano su innumerevoli modi per veicolare il sapere: attraverso iniziative che mirano all’apprendimento della lingua; tantissima attenzione è riversata sulle nuove generazioni che devono apprendere l’importanza preziosissima di tale luogo e del tesoro che contiene; veicolare la cultura in tutte le sue forme e attraverso tutti i supporti in modo da essere compresa a tutti i livelli di decodifica, che sia essa visiva, parlata, tattile, emozionale, divertente, utile.

Insomma la Biblioteca deve rivivere, in perfetta simbiosi con la comunità che incontra e accoglie e che vuole crescere con la cultura.

Angela M. Benivegna

Nuove forme di vita per la Biblioteca

Concetti come rete e condivisione sono da considerarsi ormai come delle keywords della nostra contemporaneità. Ogni attimo del quotidiano, personale, ricreativo o lavorativo, viene attraversato da ramificazioni capillari per connettere e trasmettere fatti e sensazioni in tempo reale a macchia d’olio. A volte tali scenari scatenano visioni futuribili allarmanti ma qui ne vogliamo cogliere invece le enormi opportunità, in tutti i sensi e non solo dal punto di vista tecnologico. 

E’ da una visione positiva delle idee che bisogna estrarre i semi per generare, si spera, una società civile. Rete e condivisione, che si manifestino nei fatti in maniera fisica o virtuale, sono occasioni da non perdere se si pensa alla Cultura e alla sua divulgazione.

L’applicazione in realtà come le Biblioteche sta già dando vita infatti ad interessanti nuove forme dello stesso concetto di Biblio-teca, in cui appunto il suffissoide “teca”:

“derivato dal greco theke ‘ripostiglio, deposito’ e usato con il significato di ‘collezione, raccolta, custodia’ in parole derivate direttamente dal greco”

ne sottolineava la consolidata forma nell’immaginario collettivo come baluardo e punto fermo dove conservare il sapere dell’uomo.

Nascono quindi interessanti idee come la Bibliometrò, ovvero un modo differente di pensare al prestito bibliotecario gratuito messo in atto all’interno della metropolitana di Madrid. Se non hai tempo di andare in biblioteca a ritirare il tuo libro è la biblioteca che si espande per venirti incontro: in 12 fermate della metrò spagnola infatti sono stati dislocati altrettanti “moduli” che accolgono un fondo di oltre 1300 titoli fra i più importanti della letteratura spagnola e universale ma anche le ultime novità editoriali.
Ogni utente tesserato può chiedere in prestito un massimo di 2 libri scegliendoli da appositi touch screen, per 15 giorni rinnovabili altri 15.

E cosa dire poi delle Biblioforeste a Berlino?
Derivate dal concetto di BookCrossing, ovvero l’idea di abbandonare i libri in luoghi dove altre persone possono trovarli e leggerli, in Germania i vecchi alberi morti riprendono vita lungo i viali urbani diventando delle ecolibrerie. Un approccio differente che coniuga la condivisione della cultura e  il rispetto per l’ambiente sotto l’unica regola di autodisciplina «prendere un libro ma condividerne subito un’altro», L’occasione è stata colta anche da numerosi autori indipendenti che colgono questa particolare opportunità per seminare le proprie storie autoprodotte.
Qui trovi l’articolo.

Se la volontà di divulgare la conoscenza c’è, allora si trova ogni mezzo per abbattere gli ostacoli ed arrivare ovunque. Proprio ovunque!
Esistono addirittura le Biblioburro, ne avete mai sentito parlare?
Sono sistemi di prestito bibliotecario ambulanti nati in luoghi come Colombia, Venezuela o Etiopia, dove “angeli del sapere” si muovono con asini, cammelli, carretti o motociclette per portare a destinazione i preziosi volumi.
Qui il link per averne un’idea.

In alcuni casi l’idea di sistemi bibliotecari alternativi sposa temi come il cambio di destinazione d’uso di luoghi o mezzi che altrimenti sarebbero stati abbandonati innescando la riqualificazione di tali risorse. Esempi arrivano dalla Bulgaria, dove vecchi bus dismessi diventano piccole oasi letterarie fra gli intrecci stradali, oppure da Londra dove le “storiche cabine telefoniche rosse”, messe in pensione dagli smartphone, vengono convertite in Microbiblioteche.
Trovi qui alcune immagini.

Una cosa ormai è chiara, il concetto di Rete scardina il verso unidirezionale che prevedeva l’esponenziale accumulo dei beni librari e la loro consultazione esclusivamente presso i punti fermi delle sedi delle Biblioteche a favore di una esplosione pluridirezionale del sapere verso le persone.

Il Sapere è vivo e rende vivi e per questo non può rimanere cristallizzato in un pugno di luoghi per sempre ma  si deve muovere, ramificare le connessioni e raggiungere ogni individuo.

Angela M. Benivegna

Nuovi paradigmi per le Biblioteche

La Biblioteca esisterà sempre, come i libri del resto, fino alla fine dell’umanità, lo racconta anche Asimov! Ma all’interno della Rivoluzione Digitale quale sarà il suo ruolo?
Una metamorfosi è già in corso, innescata dalla smaterializzazione progressiva dei supporti del sapere che in precedenza già aveva toccato quelli legati all’immagine (tele, pellicola, jpeg, raw …) quelli legati al suono (vinile, cd, mp3…), ed adesso raggiunge il veterano dei supporti: la carta.

Qual è però il paradosso di queste istituzioni?

Se una Biblioteca deve innovarsi deve digitalizzare il proprio patrimonio librario per ampliare l’accessibilità in Rete ma, man mano che il sapere si smaterializza in bit, la consultazione fisica su carta perde di interesse.

Probabilmente deve ripensare a forme e temi per continuare ad essere un perno fondamentale nella trasmissione del sapere per la società.
Molte biblioteche nel mondo si stanno muovendo in vario modo al fine di conseguire quel processo di acquisizione del know how, seguendo strategie diverse che comportano conseguenze importanti nella realizzazione di proposte diversificate.
Nell’ambito di ricerche volte ad osservare cosa accade intorno alle Biblioteche, mi sono imbattuta in questo articolo sul sito della BBC  che stila una sorta di Top 5 delle “Super-Biblioteche nel mondo”:

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  • Seattle Central Library, USA,2004
  • Biblioteca Vasconcelos, Mexico 2007
  • Kanazawa Umimirai, Japan 2011
  • Spijkenisse Book Mountain, Netherland 2012
  • Library of Birmingham, UK 2013

 

In realtà il focus dell’articolo è concentrato più sul tema architettura, essendo queste delle strutture contemporanee costruite ad hoc nell’arco degli ultimi 10 anni. Un nuovo luogo quindi, dedito alla custodia del libro ma concepito seguendo paradigmi compositivi contemporanei, come:

  • Vetro, quindi Trasparenza,  dicotomia spazio chiuso/aperto,
  • presenza della Natura,
  • Luce, tantissima e possibilmente naturale,
  • Spazi enormi ma condivisi.

Interessante e sicuramente piacevole l’impatto visivo. Alcuni di questi edifici sembrano veramente organismi viventi veri in cui pulsa vita e questo già di per sé scardina l’idea che una Biblioteca debba essere una fortezza inespugnabile dove è custodito il sapere dalle catastrofi naturali.
Ok, ma andiamo oltre.

Vedremo sotto questa pelle avveniristica e dentro questi luminosi e nuovissimi ambienti cosa accade e qual è il ritmo che scandisce il concetto di Biblioteca di chi le vive.
Nei prossimi post.

Angela M. Benivegna

Il gusto sano delle storie “fatte in casa”

Autori aiutano altri autori a mettere in luce quel percorso che esiste e porta, ognuno con le proprie gambe, a prendere per mano quell’idea di racconto addormentata dentro i pensieri quotidiani, nei cassetti o fra le cartelle del proprio computer, per accompagnarla fra le braccia di chi aspetta nel suo immaginario di conoscere giusto quella storia, affezionarsene e magari farla propria.

Di cosa sto parlando? Di Self Publishing naturalmente. Ma non solo.

Non importa quale attimo di vita stiamo percorrendo, infanzia o adulta che sia, c’è sempre bisogno di una storia da ascoltare, che ci catturi l’immaginazione, ci coccoli o ci solletichi la curiosità. I racconti sono anch’essi cibo, fatto di fatti ma senza calorie, si intende, ed è innegabile che ci aiutano a crescere, a conoscere, a vivere, come una bella chiacchierata con una persona.

Perché allora negare un “racconto fatto in casa”?
Rifiutereste una fetta di crostata di mele casereccia? Certo, non tutti sono o saranno nella vita dei Master Chef in Alta Pasticceria, è ovvio, ma qui si tratta sicuramente di roba genuina. Ad ogni passione sincera si dedica tempo, costanza, amore e questo si nota anche se “imperfetta all’occhio”.
Le tecniche per affinare la propria creazione, comunque, si possono imparare, è comunque la “sostanza” che deve prevalere.
Nella metamorfosi che sta investendo il mondo dell’Editoria nell’Era del Digitale il Self Publishing è ormai una realtà da non sottovalutare. Cresce, non ci sono dubbi, anche in Italia.
E’ chiaro infatti, non basta più ai vecchi possessori del mazzo di chiavi per le sospirate porte della Pubblicazione, barricarsi dietro deboli convinzioni come “chi fa da sé è comunque di serie B”, “manca di professionalità” oppure “occorrono barriere per filtrare la qualità”, ecc.
Le carte in gioco in realtà sono altre: gli strumenti di Editing si moltiplicano diventando sempre più semplici da usare per ottenere pubblicazioni di livello professionale anche per chi non mastica software a colazione e proliferano anche e soprattutto le Piattaforme di Distribuzione.
La filiera è ormai completa.
L’Autore adesso può costruire da sé la propria chiave per il fatidico portone, ed ogni palato esigente può trovare la sua giusta ricetta per quando avrà voglia di qualcosa “fuori dagli schemi”, è lo Chef in persona a servirlo.

Nel grande pentolone della rivoluzione digitale in corso ci sono anche altre questioni bollenti che alimentano il caos nel mondo dell’Editoria, come quella che coinvolge i supporti, per esempio…
cosa scegliere? carta stampata o eBook multimediale,
quale standard adottare? PDF o ePub 3.0,
cosa cambierà per chi lavora con i libri o per realtà come Biblioteche e Librerie?
e quale forme prenderà la natura stessa del Raccontare spingendosi sulle potenzialità offerte dai nuovi media digitali? … il caos c’è ma si stanno tracciando i primi sentieri.

Alcuni Editori storceranno ancora il naso sulla validità delle Auto-Pubblicazioni, …figuriamoci poi se vengono pensate direttamente come prodotto digitale! Altri, più lungimiranti, ne cominciano invece ad intravedere le opportunità.[1] Sarà il tempo a dare le risposte.
Ma comunicare è un diritto e l’obiettivo comunque dovrebbe essere abbattere le barriere e non scervellarsi per mettere in piedi: filtri, ostacoli, cavilli, porte da sbattere in faccia o tortuosi labirinti da innaffiare copiosamente nella speranza che proliferino come gramigna.
E’ arrivato il tempo degli Autori Indipendenti? Forse si.
Saranno bravi abbastanza? Lo decideranno i lettori.

Buona lettura!

Angela M. Benivegna

Il “media” non è più il messaggio, conta la storia.

Nell’era digitale non è più vero che il “media è il messaggio”, importa la fascinazione del contenuto.  L’unico contenuto che da sempre è in grado di fascinare il più vasto pubblico è una grande storia.

Si possono fare innumerevoli esempi. 

Chi avrebbe mai immaginato, in piena era digitale, che il più grande successo mediatico di tutti i tempi, con ricavi per miliardi di dollari, fosse la storia romanzata a puntate della vita di un maghetto inglese dal nome mediocre? Eppure è quello che è successo con Harry Potter. Il suo successo è partito da un libro, per diventare film, merchandising e fiere di Cosplay. Decine di ragazzini aspettavano l’uscita del libro nelle prime ore del mattino davanti alle librerie di tutto il mondo: quando mai s’era vista questa passione per un libro? Il potere di un uomo (o una donna) sul pianeta si misurava nei giorni di anticipo con cui potevi entrare in possesso della copia manoscritta dell’ultimo Harry Potter della serie, come ironicamente narrato nel film “Il Diavolo veste Prada”.

Ci sono poi eventi che invece di esplodere come supernove culturali, si consumano lentamente nell’arco di secoli. Uno di questi è forse quel che accadde nella prima metà del ‘400, quando Poggio Bracciolini andava in giro per i grandi monasteri d’Europa a  caccia di tesori letterari e filosofici classici latini, considerati perduti, veri tesori della cultura, di cui il mondo rinascimentale era ghiotto.  Lui li scovava, li trascriveva e li diffondeva. Per farlo dovette introdurre un’innovazione straordinaria per l’epoca, che allargava la fruizione del testo a tutti coloro che sapessero leggere senza difficoltà: l’invenzione di un carattere elegante, leggibile, scorrevole (noi diremmo di un “font”), la minuscola umanistica rotonda, alla base del successivo Bodoni dei caratteri da stampa. Questo carattere gli consentiva di copiare a velocità tripla tutti i manoscritti di cui veniva in possesso, moltiplicando la sua produttività. Tutto ciò avvenne pochi anni prima che Gutenberg sciogliesse il suo piombo.

Noi oggi siamo abituati al fatto che migliaia di designer siano dediti al disegno di font che facilitino la lettura ma diano anche senso grafico alla storia.  Allora, per Bracciolini, dovette essere una rivoluzione tecnico-pratica pari all’avvento oggi dello Smartphone. E la dimostrazione che siamo in tempi simili  è il fatto che tutta la storia di Bracciolini e della riscoperta del De Rerum Natura di Lucrezio è raccontata da S. Greenblatt, professore ad Harward,  in un romanzo che in Italia è stato pubblicato da Rizzoli come romanzo “colto e filosofico” d’ambientazione, quando invece è proprio storico, e basta: il suo titolo è “Il Manoscritto”. La scoperta di un’opera prodigiosa come il De Rerum Natura fa ancora notizia oggi, a distanza di 6 secoli. 

Bracciolini, uomo di vasta e multiforme cultura, addentro al mondo ecclesiastico, approfittò della domanda di cultura per scovare tesori lì dove erano custoditi tanto gelosamente da diventare dei tesori nascosti: le biblioteche dei monasteri. Li scovò anche se erano stati cancellati e riscritti, li trovò anche se erano sepolti sotto chilometri di volumi, celando il nome del monastero che lo custodiva, riservandosi il diritto di nuove e più emozionanti scoperte.

Oggi la domanda di cultura è enormemente più vasta, i sistemi di diffusione sono globali, le tecnologie tragicamente più sofisticate della “semplice” elaborazione di un nuovo font, ma l’operazione da fare è identica: riportare alla luce grandi storie per dare identità socio culturale al genere umano. E’ questo che chiede la gente: ricchezza identitaria per i nuovi e moderni figli del pianeta.

Nessuno pensa che BookAlive debba produrre un successo simile a Harry Potter o permanere nei secoli come Poggio Bracciolini: ci dobbiamo solo sforzare di trovare storie abbastanza fascinose da attrarre l’attenzione (e la visita) di qualche migliaio di persone interessate a Palermo, la Sicilia e all’Italia, attraverso un’operazione di vivificazione e illuminazione delle o di un’opera del patrimonio librario della Biblioteca. Trovarle e adeguatamente raccontarle, usando tutti i media a nostra disposizione: fisici e virtuali.

Uno di essi, che pensiamo essere il più universale perchè ubiquitario, è l’ebook.

Antonio Massara