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“Quod non est in libris non est in mundo”. Il Fondo Antico Giuridico della Facoltà di Giurisprudenza

Pubblichiamo volentieri il contributo della Dott.ssa Serena Falletta 

Mentre nel resto del mondo gli istituti culturali e scientifici promuovono e valorizzano le collezioni private possedute, allestendo pagine internet e percorsi museali in grado di esaltarne la specificità, il trend italiano sembra essere invece quello di far “svanire” i fondi più preziosi all’interno di organismi bibliotecari più grandi, decontestualizzandoli e rendendoli inaccessibili. Avviene così che tra i tesori nascosti dell’Università di Palermo esista una preziosa collezione di antichi libri legali composta da oltre 1.500 edizioni sconosciuta ai più, testimonianza significativa di un sistema del diritto operante non solo in Sicilia, ma in gran parte dell’Europa continentale, dal XII al XVIII secolo: un patrimonio storico, scientifico e artistico di grande valore, che potrebbe divenire utile strumento di lavoro per gli specialisti e attrazione culturale del nostro ateneo, in quanto capace di mostrare al grande pubblico i molteplici percorsi del pensiero giuridico medievale e moderno.

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Formatasi attraverso lasciti e donazioni, sopravvissuta a spostamenti e ricollocazioni che ne hanno disperso le memorie documentarie ma assente nell’OPAC universitario, che conserva appena un centinaio di record a fronte di una raccolta di opere formata da oltre tremila volumi, questa notevole raccolta è oggi quasi interamente custodita nei locali della Biblioteca di Storia del Diritto “Ottavio Ziino”, al piano terra della facoltà di Giurisprudenza, a seguito di un lungo lavoro di riordino e inventariazione che culminerà nella pubblicazione di un catalogo all’interno del progetto Book Alive.

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È impossibile ricostruire con precisione il processo di formazione della ricca selezione di volumi conservata tra gli scaffali di questa biblioteca che, al di là della superficiale immagine di magazzino di libri, è un organismo vivo, cresciuto attraverso sotterranei accumuli e lente sedimentazioni prodotte da donazioni, strategie, ritmi e opportunità d’acquisto, dalla coltivazione di particolari filoni di studio. Di certo, il patrimonio librario antico è frutto dell’accostamento e della fusione di collezioni eterogenee, che ben rappresentano gli interessi di ricerca dei docenti dell’Università stessa e delle principali personalità della cultura accademica regionale tra l’Ottocento e i primi del Novecento. La stratificazione dei fondi antichi costituisce infatti un tratto naturale della fisionomia delle biblioteche, sebbene in molte strutture – e soprattutto quelle universitarie – non sia tradizionalmente riservato un ruolo preminente a tale materiale, che viene trattato spesso con tecniche approssimative, per le particolari problematiche che scaturiscono dalla sua conservazione e fruizione o per la scarsità del loro appeal nei confronti dell’utenza abituale.

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Due i nuclei maggiori, per consistenza e organicità, attorno cui si è costruito il patrimonio bibliografico antico: il lascito del professore Luigi Genuardi, che nel 1938 destinò alla biblioteca del Circolo giuridico “Luigi Sampolo” numerosi volumi antichi e il fondo “Ottavio Ziino”, proveniente in massima parte dalla biblioteca del senatore Agostino Todaro della Gallia e donato agli inizi degli anni Ottanta all’Istituto di Storia del Diritto Italiano dallo stesso Ziino. Una semplice scorsa ai nomi degli autori e ai titoli delle edizioni conservate mostra chiaramente la vastità spaziale e temporale delle fonti custodite: le opere edite riguardano infatti sia il diritto comune – civile e canonico – sia il diritto del Regno di Sicilia, ben delineato nei numerosi volumi di costituzioni, capitoli, prammatiche, sanzioni, istruzioni, consuetudini, parlamenti, bandi, ordini e provviste, commenti alle leggi, nonché delle opere dedicate alla dottrina pubblicistica, privatistica ed ecclesiastica. Numerose le raccolte di decisiones concernenti la giurisprudenza dei Grandi Tribunali che, specialmente a partire dal sec. XVII, rappresenta una vera e propria fonte di produzione del diritto, consentendo ai giuristi di conoscere l’effettiva interpretazione e applicazione di esso da parte degli organi giudiziari, cui si aggiungono svariati consilia, observationes e resolutiones nelle quali, oltre al consilium, è fornita anche una breve notizia delle relative vicende giudiziarie. Nella collezione si distinguono inoltre alcune tra le opere più rappresentative del pensiero giuridico di tutti i tempi, di autori prestigiosi quali, solo per citarne alcuni, Azzone, Andrea Alciato, Andrea d’Isernia, Accursio, Bartolo da Sassoferrato, Pierre de Belleperche, Barnabè Brisson, Egidio Bossi, Guillaume Budè, Giulio Claro, Prospero Farinacci, Benedikt Carpzov, Jacques Cujas, Matteo d’Afflitto, Giovan Battista De Luca, Hugo Grozio.

Più di 250 le edizioni afferenti al genere letterario del trattato che, sebbene presenti una storia evolutiva i cui inizi si collocano nell’età stessa del rinascimento giuridico, riunisce tipologie di testi spesso differenti per metodo e struttura:: per citare solo gli esempi più famosi presenti basterà ricordare il tractatus de dote, il tractatus de statutiis, la raccolta di trattati criminali compilata da Giovan Battista Ziletti e il trattato de iure protimiseos, intestato a Matteo D’Afflitto ma contenente anche i lavori in materia di Baldo degli Ubaldi, Roberto Maranta e Marco Mantua Benavides. Degna di menzione, in quanto assai rara, la prima edizione dei Commentaria in usus feudorum di Andrea d’Isernia: una vera pietra miliare della tradizione feudistica, che gli valse la qualifica di monarcha feudistarum, scritta all’epoca di Carlo II d’Angiò con intenti eruditi e lo scopo di sistematizzare, adeguandoli ai nuovi principi della dominazione angioina, le strutture dell’ordinamento legislativo impostato nelle Costituzioni federiciane. Dell’editio princeps, pubblicata a Lione nel 1579 dall’editore fiorentino Filippo Tinghi, si conservano in Italia solamente altri tre esemplari, noti per il reimpiego sul frontespizio della tipica marca tipografica con il giglio fiorentino della famiglia Giunta, a causa del quale sostenne una lunga controversia giudiziaria con Jeanne Giunta. Ben rappresentate, all’interno del ricco fondo, anche le opere della Scuola Culta e, più in generale, della corrente umanista, con le opere di Alciato, François Connan, Hugues Doneau, François Hotman, Barnabé Brisson, Jacques Godefroy e Jacques Cujas per la Francia mentre, sul versante germanico compaiono nomi di spicco come quelli di Ulrich Zasius, Nikolas Vigel, Johann Sichardt e Johann Brunnemann. Ampio spazio è riservato infine alle riflessioni dei principali giusnaturalisti – Grozio, Samuel Pufendorf, Thomas Hobbes, John Locke, Christian Wolff – nonchè, a corredo storiografico della dottrina e della normativa alle opere storiche dedicate al Regno di Sicilia, con i lavori di Tommaso Fazello, Vito Amico, Emanuele Aguilera, Vincenzo Auria, Giovanni Evangelista Di Blasi, Rosario Gregorio.

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La ricognizione dei volumi, l’elenco e l’analisi degli esemplari antichi che si sta compiendo attraverso il progetto Book Alive, rappresenta solo un primo passo – seppur indispensabile – verso la comprensione circostanziata, il recupero e la valorizzazione dell’intero patrimonio librario posseduto dall’Università e della storia delle sue biblioteche specializzate. Lo scopo finale è infatti quello di richiamare l’attenzione degli studiosi e, più in generale, del pubblico e delle istituzioni culturali, alla necessità di promuovere e sfruttare un capitale culturale di enorme valore.

“Solennità lugubri e liete”, introduzione al testo del ‘600 sul funerale di Filippo IV

Ospitiamo qui con piacere l’articolo della Dott.ssa Valeria Patti sul volume seicentesco che tratta delle Solennità al Funerale di Filippo IV a Palermo, di cui ha parlato nella sua presentazione il Prof. Ninni Giuffrida. 

 

Immaginiamo un libro.

La nostra facoltà immaginativa, quella cioè che ci permette di richiamare immagini alla mente, elabora un oggetto, una forma più o meno semplice composta da una copertina e delle pagine bianche rilegate, contenenti parole e immagini. Il libro viene, cosi, codificato come simbolo; potremmo descriverlo senza averne mai visto uno.

E se il libro, durante il suo “cammino evolutivo”, perdesse queste caratteristiche? Diverrebbe forse altro?

Si tratta di una domanda retorica giacché ne conosciamo la risposta. Il libro cambia aspetto, reagisce agli stimoli e sopravvive. Sarà in grado, in sostanza, di uscire incolume dalle sfide tecnologiche imposte dal nostro tempo.

Immaginiamo allora un libro diverso.

Prendiamo quella forma “semplice” e, senza rinunciare alla sua essenza, aggiungiamo l’innovazione. Un esercizio mentale per nulla facile che tuttavia lascia spazio a genuini spunti di riflessione per lo studio e la realizzazione di un modello sperimentale.

L’intento, sembra doveroso spiegare, è quello di realizzare un prodotto multimediale (con estensione ePub) che sappia dare risposte adeguate al tema della conservazione/fruizione dei testi dematerializzati e contestualmente innestare in essi una maggiore interattività.

Il “soggetto-cavia” che abbiamo scelto per questa sperimentazione è un testo del 1666 che ben si presta allo scopo, conservato fisicamente presso la biblioteca centrale della regione Sicilia.

Come si può facilmente dedurre, non si tratta di un esemplare unico nel suo genere, anzi è possibile consultarlo tra i testi digitali della “famiglia” Google. Ciò che può sembrare a prima vista un aspetto negativo, la mancanza di unicità, permette invece di evidenziare, anche se in minima parte, lo stato dell’arte.

Il colosso americano, pioniere in questo settore, predilige la messa online dei testi come singole immagini alle quali associa, in alcuni casi, del testo editabile e un menù di navigazione del libro; il tutto scaricabile in formato PDF questo modello, per quanto possa sembrare funzionale, non è applicabile a un libro a stampa seicentesco. L’automazione che sta alla base della lettura delle immagini mediante software OCR, e che ne permette una veloce estrazione del testo, è incompatibile con i caratteri/font dell’epoca; sarebbe come voler sottoporre la grafia umana ad un lettore OCR. Google in ultima analisi è interessata ad un’acquisizione di tipo quantitativo dei testi, approccio che a lungo termine costringe, inevitabilmente, a tralasciarne l’aspetto qualitativo.

Per quanto riguarda la conservazione dei testi, il tema è largamente dibattuto, le biblioteche di tutto il mondo stanno elaborando sistemi sempre più sofisticati per la catalogazione dei testi dematerializzati, per non incorrere un domani nella perdita di questo patrimonio librario, circostanza che, qualora dovesse sopraggiungere, sarebbe da paragonare a ciò che fu, per l’epoca, il disfacimento della biblioteca Alessandrina.

Facendo tesoro di queste importanti esperienze, abbiamo, tuttavia, immaginato per il nostro libro un approccio diametralmente diverso.

Quello che segue non vuole certamente esaurire tutte le problematiche che ci siamo posti; siamo in una prima fase sperimentale, pertanto, possiamo offrire solo alcune riflessioni nate dal confronto tra la disciplina informatica e quella umanistica, impegnate nella composizione del nuovo “oggetto”.

Entrambe le anime del progetto hanno messo sul tavolo da lavoro delle proposte, legate alle specifiche competenze, che hanno come fine ultimo quello di sfruttare la tecnologia per ampliare le potenzialità sostanziali di una fonte scritta, trattandosi, nel nostro caso, di un libro antico; questo, come già detto, offre un caso studio interessante da cui è possibile ottenere una versione “2.0” della fonte.

Cerchiamo di spiegare come.

L’opera, Solennità lugubri e liete in nome della fedelissima Sicilia nella felice e primaria citta di Palermo, descrive l’apparato cerimoniale messo in piedi a Palermo nel 1666 per la morte del sovrano Filippo IV di Spagna con l’intento di tramandarne la memoria. Con le dovute proporzioni, potremmo azzardare, che lo scopo fosse di offrire al lettore una forma ante litteram di realtà aumentata. Alcune parti del testo sono, infatti, volutamente evocative permettendo al lettore di ricavarne, se pur artificiosamente, una percezione “ipermediale”.

Oggi, attraverso il formato ePub 3.0, è possibile rendere reale tale artificiosa percezione, attraverso l’inserimento di video, audio e animazioni.

C’è dell’altro. Facendo una ricerca su internet è possibile rilevare che esistono, sull’argomento, altri testi coevi, scritti e stampati in altre città, non solo d’Italia ma anche d’Europa. Se poi consideriamo anche le fonti conservate negli archivi, redatti affinché potessero essere funzionali alla celebrazione dei funerali di Filippo IV, avremo un quadro d’insieme piuttosto complesso. Auspichiamo di poter rendere, tra di loro, permeabili queste fonti, mettendole tutte in relazione, all’interno dello stesso eBook, agevolando in tal modo, soprattutto, chi non ha grande dimestichezza nell’utilizzare tali fonti.

Il libro che abbiamo immaginato, dunque, non è immobile; privato della sua staticità, si anima al suo interno e spinge, contemporaneamente, il lettore verso l’esterno. Nonostante ciò, resta un prodotto che possiamo con certezza chiamare, ancora, libro.

Valeria Patti

 

Prof. Vito Matranga @ Bookalive Workshop

Ospitiamo qui di seguito l’intervento del Prof. Vito Matranga al Workshop,  con la presentazione del contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo.

Questo mio intervento sposterà per qualche minuto la nostra attenzione dal libro, e dunque dallo scritto, al documento sonoro, e dunque al parlato.

E’ utile premettere che una branca della linguistica moderna si occupa, infatti, non solo di lingue, ma anche e soprattutto di parlanti, ossia di cosa i parlanti fanno con tutti i codici verbali usati per la comunicazione all’interno di una comunità linguistica.

Ed è superfluo anche solo accennare, qui, all’importanza che in Sicilia hanno avuto ed ancora hanno quei codici verbali che chiamiamo dialetti, attraverso i quali ancora oggi viene veicolata una parte notevole dell’esperienza culturale di un territorio così ricco di storia e, sul piano sincronico, di varianti locali.

È necessario ricordare, inoltre, che alla fine degli anni ’80 prende avvio, per input e sotto la guida, di Giovanni Ruffino, quello che oggi è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come il più innovativo e ambizioso progetto geosociolinguistico di ambito romanzo, ossia l’Atlante Linguistico della Sicilia.

L’ormai quasi trentennale interesse di questo progetto nei riguardi dei dialetti dell’Isola e, più generalmente, nei riguardi di tutte le varietà del repertorio linguistico siciliano ha consentito la raccolta, presso il Centro di studi filologici e linguistici siciliani e il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo, di numerosi documenti orali di inestimabile valore sul piano linguistico e su quello etnografico. Si tratta di circa 5.000 ore di registrazione, in costante aumento, distribuite in una rete di oltre 200 punti linguistici della nostra regione: un patrimonio documentario in grado di (rap)presentare efficacemente, di testimoniare tanto la variazione linguistica quanto importanti aspetti della cultura popolare della Sicilia contemporanea.

Un tale corpus (in realtà, di un tale sistema di corpora) rappresenta oggi un’esperienza unica, non riscontrabile in altre realtà regionali italiane, non soltanto per la sua ampiezza, ma soprattutto per le caratteristiche delle informazioni in esso contenute. Si tratta, infatti, di documenti raccolti non casualmente, ma attraverso mirate campagne di indagine su argomenti specifici e con strategie di rilevamento scientificamente collaudate.

Ovviamente, così come non è sufficiente la sola presenza di numerosi libri per fare di essi una vera Biblioteca, non basta la sola disponibilità di una simile documentazione sonora per poterne fare un vero Archivio. Oltre l’80% delle nostre registrazioni è, però, oggi ordinato, nella sede dipartimentale dell’Archivio delle Parlate Siciliane, in una Banca Dati che ne consente un’agevole fruizione, grazie alla sistematica acquisizione dei contenuti di ogni singolo documento – giunto originariamente su bobina o su nastro analogico – in file sonori gestibili con i più comuni mezzi informatici. Questa operazione, d’altronde, risulta l’unica che ci consente, oggi, di preservare i documenti, tanto dall’usura dei supporti contenitori (prevalentemente nastri) quanto dall’obsolescenza degli apparecchi predisposti alla loro riproduzione.

Diversamente dai libri scritti, per la fruizione dei quali basterebbe, a rigore, l’uso esclusivo della vista, il documento sonoro stabilisce di per sé un rapporto privilegiato, originario con la tecnologia, considerato che esso nasce con la nascita stessa dell‘audio-registrazione e la sua fruizione non può avvenire senza un supporto tecnologico. Sembra una banalità ricordarlo oggi, ma la possibilità di disporre della registrazione vocale ha determinato non poche nuove condizioni teorico-metodologiche, e perfino epistemologiche, delle scienze linguistiche, o almeno di quelle discipline che, come la geografia linguistica e la sociolinguistica pongono le proprie fondamenta empiriche sulle informazioni raccolte attraverso le conversazioni con i parlanti e la loro osservazione.

La stessa innovazione, la stessa evoluzione, se non proprio “rivoluzione”, è avvenuta, e continua ad avvenire, con l’informatica. L’approccio informatico si è di fatto intrecciato con alcuni importati aspetti di ordine teorico-metodologico di alcune discipline linguistiche, nel momento in cui si è reso necessario mettere a punto sistemi informativi volti a gestire tutte le fasi della ricerca: la memorizzazione dei dati, la loro elaborazione, l’interrogazione e, non ultimo, la rappresentazione delle informazioni contenute nei documenti sonori.

Si comprende, allora, come per il nostro progetto geo-sociolinguistico dell’atlante siciliano sia importante la collaborazione con gli esperti informatici. Collaborazione che, in effetti, è stata avviata diversi anni fa con il gruppo coordinato da Antonio Gentile, che ha permesso la messa a punto di un sistema informativo assai complesso, il quale sfrutta efficacemente Banche Dati relazioni e sistemi gerarchici basati sull’etichettatura in XML dei fenomeni linguistici.

Oggi, con il progetto BookAlive, si intende fare un’ulteriore passo avanti in questa direzione: non solo un altro passo, ma un passo nuovo, nella collaborazione tra informatici e linguisti.

Già da diversi anni, all’interno del gruppo di lavoro dell’Atlante Linguistico della Sicilia, si è sentito l’esigenza di restituire alle comunità dei parlanti, e non soltanto a quella scientifica, le informazioni e i dati rilevati dal loro stesso territorio attraverso i cosiddetti rilevamenti sul campo. Infatti, tra i 50 volumi finora pubblicati, a partire dal 1995, nelle 4 diverse collane editoriali, 3 trovano collocazione nella collana denominata, appunto, L’ALS per la scuola e il territorio, inaugurata nel 2010. A questi si aggiungano i due grossi volumi dal titolo Lingue e culture in Sicilia, curati da Giovanni Ruffino, con contributi dei maggiori esperti siciliani di linguistica, letteratura e storia delle tradizioni popolari della Sicilia e destinati soprattutto a insegnanti e cultori.

Fino a questo momento, però, abbiamo potuto restituire al territorio solo una piccolissima parte dei frutti delle nostre ricerche e in formati a stampa, i quali non consentono ovviamente approcci diversi da quello della lettura. E se consideriamo che è a partire dai documenti sonori che noi operiamo le nostre analisi, non potere presentare e condividere con il territorio propriamente questi documenti, ci pone in condizioni quanto meno di disagio intellettuale.

Il progetto Bookalive, come dicevo, non intende continuare semplicemente un’esperienza pregressa, ma aprirne una nuova, nella prospettiva di definire le modalità più efficaci per potere raccontare un territorio, principalmente attraverso le testimonianze, i documenti tratti dal territorio stesso.

In questa fase, abbiamo pensato di limitare il campo applicativo all’area madonita, contemplando, tuttavia, la possibilità che il modello si possa estendere a tutta la regione, quando le energie intellettive, e soprattutto quelle finanziarie, ce lo permetteranno.

Dal punto di vista del modello, del format, occorre pensare che un documento sonoro tipicamente presenta un testo parlato, che siamo soliti chiamare «etnotesto», ossia – con accezione larga e semplificata – un atto locutorio che ci consenta di individuare informazioni sulla forma e sul contenuto e che, nello specifico, contiene interessanti informazioni etnografiche: poniamo, per esempio, il racconto di come si faceva e/o si fa un certo tipo di pane, o un piatto della tradizione alimentare, o come si praticava un certo gioco fanciullesco, ecc.

Per la fruizione quanto più piena di tali etnotesti, com’è facile comprendere, è necessario approntare un sistema di informazioni parallele evocate, pretese o non, dallo stesso racconto. Informazioni di corredo e di approfondimento che sfruttano supporti di diverso ordine:

  • quello testuale: con la trascrizione e la traduzione dei documento sonori, con le schede di approfondimento linguistico e etnografico, con le schede socioeconomiche e con quelle relative alla storia locale, e altro;
  • quello iconografico: con la rappresentazione fotografica di ambienti e oggetti;
  • quello filmico: soprattutto per la esemplificazione di particolari procedure e di momenti etnograficamente rilevanti.

Ma per chi, come noi, studia i fenomeni linguistici e etnografici anche in ragione nella loro distribuzione territoriale, importante è soprattutto la rappresentazione cartografica. Vorremmo, dunque, predisporre non soltanto carte testuali e statiche, ma anche carte interattive e dinamiche, che sfruttino modalità di interrelazione con le testimonianze orali, in grado anche di superare l’ormai obsoleto modello di carta parlante da noi messa a punto ed esemplificata nel 1997, benché abbia costituito la prima, gloriosa, carta parlante nella storia della Geografia linguistica.

Insomma, altre sfide ci aspettano.

Intervento del Prof. Ninni Giuffrida

L’intervento del Prof. Ninni Giuffrida al Workshop, presenta una visione del processo rivoluzionario proposto dalla nuova tecnologia digitale nel mondo del libro, e propone il suo oggetto di ricerca: Il Funerale di Filippo IV. Un testo del ‘600 che illustra un tema moderno: la realizzazione del “teatro del mondo”.

 

Antonio Gentile presenta il Progetto @ BookAlive Workshop

L’intervento di apertura del BookAlive Workshop del Prof. Gentile, Responsabile Scientifico.

L’idea, gli obiettivi e il ruolo dei Partner, oltre all’interesse delle comunità per l’iniziativa.

#BookAlive: Primi risultati del workshop

Il workshop BookAlive che si è tenuto l’11 novembre scorso nella Chiesa di S.Antonio Abate allo Steri, ha raggiunto tutti gli obiettivi desiderati nell’ambito del progetto.

Cercavamo un momento di confronto tra idee e progetti, tra possibili sviluppi e know how di riferimento.

Si confrontavano due gruppi differenti:

  • I protagonisti del progetto Bookalive con 4 dipartimenti universitari e una Biblioteca di ampie dimensioni, localizzata e regionale (Biblioteca Centrale “Bombace” della regione Siciliana); esigenze e obiettivi diversi coagulati da Informamuse Srl, azienda proponente;
  • Klaus Kempf, Direttore della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera, una delle più grandi biblioteche in Europa e una delle più avanzate nel fronte della digitalizzazione dei fondi librari, con vaste esperienze di organizzazione della produzione di file digitali su propri e altrui cataloghi, con collaborazioni di prestigio, come quella con Google.

In numeri, la BSB impressiona: 10 milioni di volumi, di cui 1 milione digitalizzato; 800.000 download/anno; tasso di acquisizione di 140.000 volumi/anno ;740 dipendenti; budget annuo di 47 milioni di euro.

La seduta si è aperta con i saluti di rito, portati da Andrea Cusumano, Assessore Comunale alla Cultura; Giovanni Ruggieri, Delegato dell’Assessore Regionale beni culturali e dell’identità siciliana; Maria Concetta Di Natale Direttore DCS Unipa; Beatrice Pasciuta, Delegata del Direttore DIGISPO Unipa; Laura Auteri Direttore DSU Unipa, Carmelo Sunseri Direttore DICGIM Unipa;  Roberto Rovelli, Presidente del Sistema Bibliotecario di Ateneo (SBA).

I lavori sono stati aperti dalla relazione di Antonio Gentile, responsabile del Progetto Bookalive. Gentile ha illustrato l’idea sottostante al progetto, l’ambito operativo e gli obiettivi da perseguire, focalizzati su due aree principali: gli obiettivi di visibilità e accesso da parte delle Biblioteche e l’uso di oggetti digitali per la migliore diffusione dei risultati della ricerca scientifica in ambiti diversificati.

La relazione di apertura di Kempf è stata vasta, ed ha abbracciato tutti gli aspetti problematici dell’organizzazione e dell’operatività della produzione digitale, partendo da un assunto iniziale e un corollario:

  1.  Nel mondo web, ciò che non è digitale non esiste;
  2. Nel processo di digitalizzazione il termine “archiviazione digitale” significa disponibilità all’accesso 24/7 al bene digitalizzato.

Nel procedere nell’immenso lavoro di digitalizzazione della grande biblioteca, già a disposizione degli utenti a partire dal 2009, la BSB ha dovuto affrontare e risolvere numerosissimi problemi organizzativi, tecnici, finanziari e non ultimi legali. Addirittura quest’ultimo aspetto, compresso tra le esigenze del copyright a numerosi livelli, anche quelli del Creative Commons prodotti dalla stessa Rete, e le esigenze di diritti e riservatezza del know how prodotto in collaborazione con Google e altri soggetti multinazionali, ha assunto proporzioni tanto grandi da diventare sostanzialmente un freno alla digitalizzazione massiva di alcuni fondi librari.

Inoltre, memori dell’esperienza traumatica dell’adozione dello standard a microfilm poi divenuto del tutto obsoleto con la rivoluzione digitale, la Biblioteca di Monaco di Baviera si è premunita identificando un workflow specifico a step successivi che ottimizza le procedure e che può gestirle a tutti i livelli, evitando inutili sovrapposizioni tecnologiche, anche future.

Il progetto BookAlive ha risposto con due approcci differenti, proposti da Francesco Vergara Caffarelli (Direttore Biblioteca Centrale di Palermo) e da Antonino Giuffrida (Dipartimento di Culture e Società di Unipa): non possiamo inseguire il sogno di una digitalizzazione massiva dei nostri patrimoni librari. Ce lo impediscono ragioni organizzative e know-how, le dimensioni fisiche delle strutture disponibili e l’attuale e prospettica carenza di fondi. Ma la strada per uscire dall’impasse è stata segnata dallo stesso legislatore italiano: occorre procedere per passi successivi miranti alla conservazione e alla valorizzazione con tecniche moderne a partire da beni fondanti della cultura locale, che siano di traino per un processo di digitalizzazione progressiva. Per questo Giuffrida propone il testo fondamentale della “messa in scena” del Funerale di Filippo IV a Palermo, testimonianza della volontà politica nel 1666 di eseguire un vero funerale di stato che fosse “Teatro del Mondo”, come si disse nella complessa procedura per l’organizzazione dello stesso, con ampio dispendio di mezzi e uomini nella sua realizzazione. Il testo, completamente digitalizzato dalla Biblioteca Centrale, può agganciare tutti i riferimenti noti nei documenti dell’Archivio di Stato e altre Biblioteche tesi a creare il contesto storico e operativo per la migliore esecuzione di quello che, a quel tempo, doveva essere vissuto come “costitutivo di un Mondo politico ed economico” voluto dai regnanti.

Alla ripresa, dopo pranzo, è intervenuto poi il Magnifico Rettore dell’Università di Palermo Roberto Lagalla, portando i saluti di tutta la comunità scientifica e valorizzando lo sforzo messo in campo dalla sinergia impresa-università alla base del progetto BookAlive. Il Rettore ha espresso la speranza di una proficua collaborazione tra tutti i partecipanti finalizzata al superamento del digital divide e dell’ingresso dei fondi librari nella nuova dimensione, raccogliendo pieno consenso dai partecipanti.

I successivi interventi dei relatori hanno evidenziato, con numerose proposte, tutti gli aspetti ulteriori rispetto a questo punto di vista, che non vuole essere di diminuzione rispetto all’approccio massivo di realtà come la BSB. Viceversa, si tratta di allargare di fatto la produzione digitale selezionando gli oggetti sulla base di necessità  di studio, di conservazione, di archiviazione e accesso ai contenuti storici, di legame tra questi e altri già disponibili in rete. E’ in questo modo possibile entrare a fare parte di una nuova Rete, che si espande per ondate successive legate all’individuazione e alla digitalizzazione di patrimoni librari successivi, ogni volta valorizzati e raccontati per essere archiviati e renderli pienamente e concretamente disponibili in un’ottica di diffusione della cultura.

Beatrice Pasciuta, DIGISPO Università degli Studi di Palermo, modera la prima sessione pomeridiana e sottolinea che l’approccio digitale è essenziale non solo per la disponibilità di testi unici e antichi per successivi livelli di interventi di studio, ma anche necessario per creare collegamenti virtuali tra testi e contenuti che si allineano in rete verso trattazioni e ricerche con obiettivi diversificati, nell’ambito dello studio della storia del diritto;

Vito Matranga, DSU Università degli Studi di Palermo ha invece esposto l’obiettivo del suo dipartimento di realizzare oggetti digitali che espongano i lunghi anni di ricerca dell’Atlante linguistico Siciliano, sfruttando le doti multimediali degli oggetti narrativi digitali per esporre le correlazioni spaziali dell’archivio delle parlate siciliane.

Michela Cigola, Università degli Studi di Cassino, ha parlato del suo ruolo di valutatore per conto del Miur all’interno del Bando PONREC nell’ambito del quale è nato il progetto BookAlive, una delle 18 proposte scelte fra le 88 presentate sulla Linea 2. Per lei è stata un’esperienza di vita coincidente con il suo grande interesse ed amore verso le Biblioteche e il loro ruolo.

Emanuele Conte, Università degli Studi di Roma Tre, ha focalizzato le problematiche dei fondi librari dipartimentali e universitari nel complesso universo delle disponibilità dell’Università oggi, focalizzando una proposta per il superamento delle problematiche del copyright e dei diritti editoriali, che finiscono col rappresentare una palla al piede alla compiuta futura disponibilità digitale dei contenuti;

Dopo la breve pausa caffè, modera la successiva sessione Antonio Gentile e gli interventi programmati continuano con Denise Gargano, Biblioteca centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”, che ha esposto le numerose problematiche della struttura cui appartiene focalizzando difficoltà, attese e speranze nella partecipazione al progetto Bookalive, menzionando il progetto della Biblioteca Digitale Siciliana

Valentina Favarò, DCS Università degli Studi di Palermo, ha sottolineato le problematiche intrinseche di un dipartimento universitario e dei fondi librari a disposizione ad aprirsi alle nuove prospettive, pregne di aspettative ma anche decisive nell’organizzazione dei lavori;

Annalisa D’Ascenzo, Università degli Studi di Roma Tre ha portato il punto di vista degli studiosi di cartografia antica, oggetto particolarmente ostico, in questo momento, nella prospettiva digitale, a motivo della difficoltà dei metadati di affastellare informazioni su oggetti fisici che lo stesso media digitale non è ancora in grado di gestire compiutamente;

Arturo Gallia, Università degli Studi di Roma Tre, ha esposto le altre difficoltà dei cartografi, oggettive e congruenti, in cui spesso la dimensione e la realtà stessa dei reperti da digitalizzare e la necessità quindi di un approccio scientifico ma dotato di mezzi tecnici coerenti;

Fabio Cusimano, Officina di Studi Medievali, ha portato un excursus della prospettiva digitale, in cui la gestione dei metadati e dei motori di ricerca all’interno del mare dei content è essenziale per la proficua azione di tutti gli attori in gioco.

Chiude gli interventi Antonio Massara, InformAmuse S.r.l., che ha tentato di risalire l’albero progettuale passando dal come, oggetto del workshop, al fondamentale cosa e perchè, riprendendo una sorta di keyword che ha aleggiato nel workshop, “venirne fuori” e concretizzando quest’immagine nella fotografia di una trincea della prima guerra mondiale. La domanda fondamentale del pubblico è verso l’identità storica e sociale  e le biblioteche (e i suoi uomini) sono decisive per soddisfare questo fabbisogno.

In buona sostanza, si tratta di abbandonare l’inutile inseguimento di chi è partito prima e sta facendo un ottimo lavoro. Inutile lamentare la miopia della riduzione dei fondi destinati ai beni culturali e alle Biblioteche.  Al contrario, occorre approfittare pienamente dell’esperienza altrui e usarla a proprio vantaggio, per scopi più limitati in dimensione ma molto più diretti alla diffusione culturale, compatibilmente con le risorse a disposizione.

Questo punto di vista è anch’esso ottimale secondo le strategie più accettate nell’ambito del mondo digitale. In questo pare funzionare bene la cosiddetta Long Tail, la Curva Coda Lunga, che dimostra il valore nel tempo di oggetti e contenuti più vari per un numero elevatissimo di soggetti fisici con interessi diversi. Il web contiene tutto e mette tutto a disposizione, la vecchia filosofia della produzione di massa, della cultura di massa, è obnubilata dall’enorme numero di nicchie, tutte ugualmente rappresentate in rete, tutte perfettamente vive. Se questo approccio dovesse rivelarsi oggettivamente funzionante anche nel futuro, come sembra esserlo oggi, allora la numerosità delle nicchie culturali e dei loro oggetti digitali andrà a valere tanto quanto la disponibilità massiva di contenuti culturali disponibili.

E in questo quadro, qualunque sforzo teso all’accesso di contenuti culturali, grande o piccolo che sia, ha e avrà pari dignità e funzione essenziale per la diffusione della cultura identitaria di una varietà di culture umane, finalità ultima del ruolo della biblioteca e di tutti coloro che conservano e rendono disponibili le radici letterarie, storiche e scientifiche delle nostre culture, per definizione tutte locali.

Il confronto quindi è stato proficuo. Possiamo uscire dalla trincea e metterci al lavoro, sicuri di trovare appoggio e collaborazione presso chi ha affrontato numerosi problemi prima di noi, per poterci dedicare in modo più focalizzato e selezionato a compiti ulteriori e locali, non meno importanti per chi, in loco ma anche nel web, ricerca e ricercherà contenuti e beni culturali riferiti alla Sicilia.

Grazie a tutti, dunque, Istituzioni, relatori e pubblico partecipante. Buon lavoro, #BookAlive!

Antonio Massara

Morto il libro, viva il libro

Scrivere un libro, leggere un libro, rilegare un libro, schedare un libro: un verbo e una parola; un’azione collegata ad un oggetto costituito da pagine di carta dove sono impresse parole, pensieri, riflessioni. Il libro è uno strumento essenziale per la costruzione di una civiltà e di una società ma, è anche il risultato di una innovazione tecnologia: l’uso dei caratteri mobili e del torchio da stampa. Nuova tecnologia con la quale si supera la grave crisi nella quale versava la civiltà del manoscritto. La copiatura dei testi effettuata dagli amanuensi, nonostante la razionalizzazione del lavoro e la moltiplicazione degli scribi, non riesce a far fronte alle sempre più pressanti richieste di un mercato che ha esigenze sempre più incalzanti di disporre dei testi necessari per costruire l’uomo del Rinascimento. La riproduzione meccanica sblocca questo mercato permettendo di ricopiare rapidamente e, in maniera uniforme, lo stesso testo comprimendo i costi e moltiplicando in modo esponenziale il numero delle copie da immettere nel mercato. Il manoscritto combatte la sua battaglia prima di morire: libri e manoscritti convivono sullo stesso scaffale, rilegati nello stesso modo, contengono in molti casi gli stessi testi ma, nel giro di pochi anni, il libro cannibalizzerà il manoscritto. Le pagine dei manoscritti serviranno per avvolgere i pesci al mercato e le pergamene dei codici saranno utilizzate come copertine per rilegare i libri.

Il libro da questo momento inizierà il suo percorso rafforzando in modo progressivo anche la sua presenza quantitativa sul mercato attraverso canali di penetrazione commerciale sempre più articolati e specializzati che confluiranno nella bottega del libraio. Un mercato che diventa sempre più articolato in quanto il libro serve a trasmettere non solo i pensieri ma, anche, le immagini (incisioni), oppure la musica grazie agli spartiti e le note musicali.

In questi anni stiamo vivendo una nuova rivoluzione tecnologica che sta trasformando radicalmente i processi di comunicazione legati all’uso della carta stampata. Si sta ripetendo, sotto forme nuove, il conflitto che ha visto contrapposti alcuni secoli fa il libro e il manoscritto. Il libro stampato sul supporto cartaceo resiste all’attacco sferrato dalla editoria immateriale che utilizza i supporti informatici e si diffonde utilizzando la rete internet, ma arretra inesorabilmente sotto il duplice attacco della digitalizzazione e della diffusione dei nuovi formati di lettura elettronica come il Pdf o gli ebook.

Il progetto BookAlive (rinascita del libro) mira proprio a verificare con specifiche sperimentazioni quali percorsi deve seguire la dematerializzazione del libro e come costruire qualcosa che non sia una riproduzione della pagina a stampa su supporto informatico come avviene quando si utilizza il formato pdf con il quale ci si limita a riprodurre digitalmente una pagina dell’oggetto libro, pensato e realizzato per il supporto cartaceo. Un passaggio che non deve sorprendere in quanto già vissuto nella transizione dal manoscritto al volume riprodotto con i caratteri mobili. Per fare accettare il nuovo oggetto bisogna che il modello grafico adottato si possa identificare con quello del codice manoscritto. Successivamente il libro vivrà di vita propria ma bisogna che passi il tempo e che si metabolizzino le potenzialità offerte dal nuovo strumento.

In questa prospettiva il nostro gruppo di lavoro ha scelto di effettuare una sperimentazione su un volume del ‘600, scelto di concerto con la Biblioteca centrale della Regione siciliana, dedicato al cerimoniale con il quale si sono celebrate le esequie del re Filippo IV. Si sta lavorando a costruire un modello che permetta di effettuare una lettura non già di un testo, digitalizzato come se fosse un’anastatica, bensì di una complessa struttura dove immagini, testo, suoni e commenti permettano di superare la lettura dei caratteri per proiettarsi in un nuovo modo di usare un oggetto che per comodità continuiamo a chiamare libro.
Morto il libro viva il libro: in realtà il libro non muore ma, come la fenice risorge sempre dal rogo sacrificale in una nuova forma.

Antonino Giuffrida

PuntoBiblio PTV – Spazio cittadino all’interno dell’Ospedale

Parlando delle possibili trasformazioni, quasi mutazioni genetiche, che oggi attraversano il DNA delle Biblioteche in giro per il mondo, torniamo a casa nostra, dove altre best practices esistono. Irene Assunta Pisano ci racconta del PuntoBiblio del Policlinico Tor Vergata di Roma, in questo guest post. Portare occasione di svago ed intrattenimento di alto profilo all’interno di  strutture dove  sofferenza è parola comune. Una scelta vincente.

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Una biblioteca  “aperta”, multimediale, dedicata al cambiamento sociale, ambientale e all’evoluzione del concetto di libro: questo è il PuntoBiblio (PTV), attivo presso il Policlinico Tor Vergata di Roma dal 1 Luglio 2013 e che attualmente conta l’iscrizione di circa 600 utenti.

Primo servizio in Italia di prestito bibliotecario pubblico in un ospedale, intende coinvolgere operatori sanitari, dipendenti della struttura, pazienti e cittadini, accogliendo tutte le età e tutte le culture in sintonia con il manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche. Questo progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione tra PTV e Consorzio Sistema Bibliotecario Castelli Romani, artefice di una virtuosa alleanza strategica pubblico/privato con l’azienda ClubMedici, la quale sostiene l’onere finanziario del servizio.

Nel PuntoBiblio è presente personale specializzato, in grado di facilitare le ricerche e orientare alla conoscenza e all’utilizzo delle diverse opportunità offerte: prestito di libri da poter scegliere tra quelli presenti all’interno di un catalogo costantemente aggiornato e contenente oltre un milione di titoli; possibilità di prenotare online testi e DVD, accedendo alla sezione Cataloghi On Line e di usufruire di Media Library Online, la piattaforma digitale creata appositamente per le biblioteche italiane che permette di consultare più di 2.000 quotidiani e magazine nazionali e internazionali, ascoltare oltre 80.000 album musicali in streaming, scaricare e conservare fino a 3 brani musicali a settimana in formato mp3 e accedere ad audiolibri, e-book open e online, banche dati, video, immagini, corsi e-learning.

Una biblioteca che sperimenta quotidianamente la dimensione partecipativa creando molteplici opportunità di incontri, all’interno di un calendario ricco di eventi e iniziative culturali: PuntoBiblio sta attualmente supportando gli eventi formativi Genitori Curiosi  presso il Policlinico Tor Vergata, attraverso consigli di lettura per bambini (suddividendo le argomentazioni per fascia di età: 0/5 anni e 6/10 anni ) e adulti in materia di sport e nutrizione.
Puoi consultare il programma dell’evento qui.

Punto Biblio PTV – Club Medici da qualche giorno è presente anche su Facebook.

Una biblioteca che ha anche valenza sociale: noi operatori del PuntoBiblio, presenti all’interno di un ospedale e in uno spazio aperto, abbiamo occasione di entrare in contatto con numerose persone, di conoscere le loro storie e di offrire un sorriso a tutti coloro che vengono a trovarci, si soffermano a chiedere informazioni, guardano i nostri libri e provano interesse per la cultura, in tutte le sue forme. A tutti loro va il nostro ringraziamento, perché ci fanno sentire persone migliori, ogni giorno.

Irene Assunta Pisano
(Contatta Irene per email)

Il “media” non è più il messaggio, conta la storia.

Nell’era digitale non è più vero che il “media è il messaggio”, importa la fascinazione del contenuto.  L’unico contenuto che da sempre è in grado di fascinare il più vasto pubblico è una grande storia.

Si possono fare innumerevoli esempi. 

Chi avrebbe mai immaginato, in piena era digitale, che il più grande successo mediatico di tutti i tempi, con ricavi per miliardi di dollari, fosse la storia romanzata a puntate della vita di un maghetto inglese dal nome mediocre? Eppure è quello che è successo con Harry Potter. Il suo successo è partito da un libro, per diventare film, merchandising e fiere di Cosplay. Decine di ragazzini aspettavano l’uscita del libro nelle prime ore del mattino davanti alle librerie di tutto il mondo: quando mai s’era vista questa passione per un libro? Il potere di un uomo (o una donna) sul pianeta si misurava nei giorni di anticipo con cui potevi entrare in possesso della copia manoscritta dell’ultimo Harry Potter della serie, come ironicamente narrato nel film “Il Diavolo veste Prada”.

Ci sono poi eventi che invece di esplodere come supernove culturali, si consumano lentamente nell’arco di secoli. Uno di questi è forse quel che accadde nella prima metà del ‘400, quando Poggio Bracciolini andava in giro per i grandi monasteri d’Europa a  caccia di tesori letterari e filosofici classici latini, considerati perduti, veri tesori della cultura, di cui il mondo rinascimentale era ghiotto.  Lui li scovava, li trascriveva e li diffondeva. Per farlo dovette introdurre un’innovazione straordinaria per l’epoca, che allargava la fruizione del testo a tutti coloro che sapessero leggere senza difficoltà: l’invenzione di un carattere elegante, leggibile, scorrevole (noi diremmo di un “font”), la minuscola umanistica rotonda, alla base del successivo Bodoni dei caratteri da stampa. Questo carattere gli consentiva di copiare a velocità tripla tutti i manoscritti di cui veniva in possesso, moltiplicando la sua produttività. Tutto ciò avvenne pochi anni prima che Gutenberg sciogliesse il suo piombo.

Noi oggi siamo abituati al fatto che migliaia di designer siano dediti al disegno di font che facilitino la lettura ma diano anche senso grafico alla storia.  Allora, per Bracciolini, dovette essere una rivoluzione tecnico-pratica pari all’avvento oggi dello Smartphone. E la dimostrazione che siamo in tempi simili  è il fatto che tutta la storia di Bracciolini e della riscoperta del De Rerum Natura di Lucrezio è raccontata da S. Greenblatt, professore ad Harward,  in un romanzo che in Italia è stato pubblicato da Rizzoli come romanzo “colto e filosofico” d’ambientazione, quando invece è proprio storico, e basta: il suo titolo è “Il Manoscritto”. La scoperta di un’opera prodigiosa come il De Rerum Natura fa ancora notizia oggi, a distanza di 6 secoli. 

Bracciolini, uomo di vasta e multiforme cultura, addentro al mondo ecclesiastico, approfittò della domanda di cultura per scovare tesori lì dove erano custoditi tanto gelosamente da diventare dei tesori nascosti: le biblioteche dei monasteri. Li scovò anche se erano stati cancellati e riscritti, li trovò anche se erano sepolti sotto chilometri di volumi, celando il nome del monastero che lo custodiva, riservandosi il diritto di nuove e più emozionanti scoperte.

Oggi la domanda di cultura è enormemente più vasta, i sistemi di diffusione sono globali, le tecnologie tragicamente più sofisticate della “semplice” elaborazione di un nuovo font, ma l’operazione da fare è identica: riportare alla luce grandi storie per dare identità socio culturale al genere umano. E’ questo che chiede la gente: ricchezza identitaria per i nuovi e moderni figli del pianeta.

Nessuno pensa che BookAlive debba produrre un successo simile a Harry Potter o permanere nei secoli come Poggio Bracciolini: ci dobbiamo solo sforzare di trovare storie abbastanza fascinose da attrarre l’attenzione (e la visita) di qualche migliaio di persone interessate a Palermo, la Sicilia e all’Italia, attraverso un’operazione di vivificazione e illuminazione delle o di un’opera del patrimonio librario della Biblioteca. Trovarle e adeguatamente raccontarle, usando tutti i media a nostra disposizione: fisici e virtuali.

Uno di essi, che pensiamo essere il più universale perchè ubiquitario, è l’ebook.

Antonio Massara

 

Convergenza e nuove realtà per le Biblioteche.

La rivoluzione digitale dalla fine del secolo scorso ha portato fino ad oggi numerosi cambiamenti che tutti conosciamo molto bene: i computer e la Rete. Solo da quattro anni però sono stati introdotti i più sofisticati dispositivi mobili, gli smartphone e i tablet. E’ troppo poco tempo, e tutto si sta evolvendo in modo caotico.
La rivoluzione è cominciata e continua con la voce, con lo smartphone. Ma le più giovani generazioni hanno capito che usare la voce è dispendioso in tempo e denaro: le chiacchiere e il gossip diventano testi narrativi e colloquiali che viaggiano per sms, mail, skype e whatsapp. Le giovani generazioni scrivono e leggono, più che parlare.

Informamuse Srl è nata in questo clima, con l’obiettivo di porsi nella confluenza tra cultura, tecnologia e società. Era uno dei pallini di Steve Jobs, fondatore e anima di Apple per tanti anni.

Quando si è presentata l’occasione di sviluppare per il MIUR un progetto di convergenza cultura-innovazione, nuotavamo nel nostro mondo e abbiamo pensato ad un progetto che coinvolgesse le istituzioni che più sono interessate dalla rivoluzione digitale: le biblioteche.

Gli editori e le librerie soffrivano già prima e adesso sono prossime al collasso, ma purtroppo il cambio del modello di business è tale che o decidono di stravolgere il loro punto di vista (molto difficile) o sono destinate a vivere una lunga crisi fino alla definitiva trasformazione.

Le biblioteche, non essendo soggetti che operano a fini di lucro, soffriranno invece per l’assenza di interesse, che sarà più acuto man mano che il processo di digitalizzazione delle risorse cartacee andrà avanti. E’ un pò come il cane che si morde la coda: se la biblioteca vuole innovare deve farsi digitale e man mano che diventa digitale perde di interesse per una visita e una consultazione fisica su carta. Noi di Informamuse siamo convinti che un patrimonio librario così sconfinato non possa essere solo destinato alla digitalizzazione. Ci sono numerosi aspetti del ruolo di una Biblioteca che attengono alla vita culturale locale e che saranno sempre importantissimi: la Biblioteca fisica permarrà.

Tutto ciò attiene al ruolo futuro delle biblioteche, ma siccome del futuro possiamo avere molte visioni, narrative o tecniche, ma pur sempre discutibili, si può agire subito per “aprire luoghi e libri alla vita, anche alla nuova vita digitale”.

Nuova vita per i libri: BookAlive. Progetto che Informamuse intende sviluppare per realizzare un prodotto-servizio da proporre e vendere in giro per il mondo, alle biblioteche di tutto il pianeta. Un progetto ambizioso, che prende spunto da tre fatti fondamentali:

- Conservazione e digitalizzazione progressiva;

- Proposizione culturale innovativa delle storie su supporto fisico o digitale (o entrambi) con l’utilizzo di strumenti classici e innovativi;

- Sostenibilità economica.

Le tre condizioni sono interconnesse: non si può fare proposizione se non si ha una base di archivio fisico e digitale, e non si può avere sostenibilità senza atti di proposizione attiva del ruolo della biblioteca nel contesto sociale ed economico della città.

BookAlive è quindi un progetto per un prodotto-servizio, un sistema integrato PER e CON le biblioteche, al fine di vitalizzarne il ruolo futuro, soprattutto in questo periodo turbolento di conversione di supporto da analogico a digitale.  Si tratta di aiutare questa istituzione a proporsi, aprendosi e illuminando le proprie attività e il proprio patrimonio culturale, in modo attivo, nel nuovo mondo.

Il fine ultimo è quello di vedere aumentate le visite, fisiche e virtuali; rendere attuale la Biblioteca come centro del Sapere, come è stata e sempre sarà, anche in questo momento di estremo caos dovuto al cambiamento. Un luogo di sapere e di cultura, aperto a tutti, indifferente (nel suo ruolo) al tipo di supporto in cui sono presenti le sue opere (papiri, pergamene, carta, film o registrazioni digitali). Un luogo anche virtuale, quindi, ma con preciso riferimento alla “Torre del sapere” che custodisce da secoli e che rappresenta la memoria, e quindi la cultura, di questo popolo.

Antonio Massara