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“Quod non est in libris non est in mundo”. Il Fondo Antico Giuridico della Facoltà di Giurisprudenza

Pubblichiamo volentieri il contributo della Dott.ssa Serena Falletta 

Mentre nel resto del mondo gli istituti culturali e scientifici promuovono e valorizzano le collezioni private possedute, allestendo pagine internet e percorsi museali in grado di esaltarne la specificità, il trend italiano sembra essere invece quello di far “svanire” i fondi più preziosi all’interno di organismi bibliotecari più grandi, decontestualizzandoli e rendendoli inaccessibili. Avviene così che tra i tesori nascosti dell’Università di Palermo esista una preziosa collezione di antichi libri legali composta da oltre 1.500 edizioni sconosciuta ai più, testimonianza significativa di un sistema del diritto operante non solo in Sicilia, ma in gran parte dell’Europa continentale, dal XII al XVIII secolo: un patrimonio storico, scientifico e artistico di grande valore, che potrebbe divenire utile strumento di lavoro per gli specialisti e attrazione culturale del nostro ateneo, in quanto capace di mostrare al grande pubblico i molteplici percorsi del pensiero giuridico medievale e moderno.

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Formatasi attraverso lasciti e donazioni, sopravvissuta a spostamenti e ricollocazioni che ne hanno disperso le memorie documentarie ma assente nell’OPAC universitario, che conserva appena un centinaio di record a fronte di una raccolta di opere formata da oltre tremila volumi, questa notevole raccolta è oggi quasi interamente custodita nei locali della Biblioteca di Storia del Diritto “Ottavio Ziino”, al piano terra della facoltà di Giurisprudenza, a seguito di un lungo lavoro di riordino e inventariazione che culminerà nella pubblicazione di un catalogo all’interno del progetto Book Alive.

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È impossibile ricostruire con precisione il processo di formazione della ricca selezione di volumi conservata tra gli scaffali di questa biblioteca che, al di là della superficiale immagine di magazzino di libri, è un organismo vivo, cresciuto attraverso sotterranei accumuli e lente sedimentazioni prodotte da donazioni, strategie, ritmi e opportunità d’acquisto, dalla coltivazione di particolari filoni di studio. Di certo, il patrimonio librario antico è frutto dell’accostamento e della fusione di collezioni eterogenee, che ben rappresentano gli interessi di ricerca dei docenti dell’Università stessa e delle principali personalità della cultura accademica regionale tra l’Ottocento e i primi del Novecento. La stratificazione dei fondi antichi costituisce infatti un tratto naturale della fisionomia delle biblioteche, sebbene in molte strutture – e soprattutto quelle universitarie – non sia tradizionalmente riservato un ruolo preminente a tale materiale, che viene trattato spesso con tecniche approssimative, per le particolari problematiche che scaturiscono dalla sua conservazione e fruizione o per la scarsità del loro appeal nei confronti dell’utenza abituale.

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Due i nuclei maggiori, per consistenza e organicità, attorno cui si è costruito il patrimonio bibliografico antico: il lascito del professore Luigi Genuardi, che nel 1938 destinò alla biblioteca del Circolo giuridico “Luigi Sampolo” numerosi volumi antichi e il fondo “Ottavio Ziino”, proveniente in massima parte dalla biblioteca del senatore Agostino Todaro della Gallia e donato agli inizi degli anni Ottanta all’Istituto di Storia del Diritto Italiano dallo stesso Ziino. Una semplice scorsa ai nomi degli autori e ai titoli delle edizioni conservate mostra chiaramente la vastità spaziale e temporale delle fonti custodite: le opere edite riguardano infatti sia il diritto comune – civile e canonico – sia il diritto del Regno di Sicilia, ben delineato nei numerosi volumi di costituzioni, capitoli, prammatiche, sanzioni, istruzioni, consuetudini, parlamenti, bandi, ordini e provviste, commenti alle leggi, nonché delle opere dedicate alla dottrina pubblicistica, privatistica ed ecclesiastica. Numerose le raccolte di decisiones concernenti la giurisprudenza dei Grandi Tribunali che, specialmente a partire dal sec. XVII, rappresenta una vera e propria fonte di produzione del diritto, consentendo ai giuristi di conoscere l’effettiva interpretazione e applicazione di esso da parte degli organi giudiziari, cui si aggiungono svariati consilia, observationes e resolutiones nelle quali, oltre al consilium, è fornita anche una breve notizia delle relative vicende giudiziarie. Nella collezione si distinguono inoltre alcune tra le opere più rappresentative del pensiero giuridico di tutti i tempi, di autori prestigiosi quali, solo per citarne alcuni, Azzone, Andrea Alciato, Andrea d’Isernia, Accursio, Bartolo da Sassoferrato, Pierre de Belleperche, Barnabè Brisson, Egidio Bossi, Guillaume Budè, Giulio Claro, Prospero Farinacci, Benedikt Carpzov, Jacques Cujas, Matteo d’Afflitto, Giovan Battista De Luca, Hugo Grozio.

Più di 250 le edizioni afferenti al genere letterario del trattato che, sebbene presenti una storia evolutiva i cui inizi si collocano nell’età stessa del rinascimento giuridico, riunisce tipologie di testi spesso differenti per metodo e struttura:: per citare solo gli esempi più famosi presenti basterà ricordare il tractatus de dote, il tractatus de statutiis, la raccolta di trattati criminali compilata da Giovan Battista Ziletti e il trattato de iure protimiseos, intestato a Matteo D’Afflitto ma contenente anche i lavori in materia di Baldo degli Ubaldi, Roberto Maranta e Marco Mantua Benavides. Degna di menzione, in quanto assai rara, la prima edizione dei Commentaria in usus feudorum di Andrea d’Isernia: una vera pietra miliare della tradizione feudistica, che gli valse la qualifica di monarcha feudistarum, scritta all’epoca di Carlo II d’Angiò con intenti eruditi e lo scopo di sistematizzare, adeguandoli ai nuovi principi della dominazione angioina, le strutture dell’ordinamento legislativo impostato nelle Costituzioni federiciane. Dell’editio princeps, pubblicata a Lione nel 1579 dall’editore fiorentino Filippo Tinghi, si conservano in Italia solamente altri tre esemplari, noti per il reimpiego sul frontespizio della tipica marca tipografica con il giglio fiorentino della famiglia Giunta, a causa del quale sostenne una lunga controversia giudiziaria con Jeanne Giunta. Ben rappresentate, all’interno del ricco fondo, anche le opere della Scuola Culta e, più in generale, della corrente umanista, con le opere di Alciato, François Connan, Hugues Doneau, François Hotman, Barnabé Brisson, Jacques Godefroy e Jacques Cujas per la Francia mentre, sul versante germanico compaiono nomi di spicco come quelli di Ulrich Zasius, Nikolas Vigel, Johann Sichardt e Johann Brunnemann. Ampio spazio è riservato infine alle riflessioni dei principali giusnaturalisti – Grozio, Samuel Pufendorf, Thomas Hobbes, John Locke, Christian Wolff – nonchè, a corredo storiografico della dottrina e della normativa alle opere storiche dedicate al Regno di Sicilia, con i lavori di Tommaso Fazello, Vito Amico, Emanuele Aguilera, Vincenzo Auria, Giovanni Evangelista Di Blasi, Rosario Gregorio.

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La ricognizione dei volumi, l’elenco e l’analisi degli esemplari antichi che si sta compiendo attraverso il progetto Book Alive, rappresenta solo un primo passo – seppur indispensabile – verso la comprensione circostanziata, il recupero e la valorizzazione dell’intero patrimonio librario posseduto dall’Università e della storia delle sue biblioteche specializzate. Lo scopo finale è infatti quello di richiamare l’attenzione degli studiosi e, più in generale, del pubblico e delle istituzioni culturali, alla necessità di promuovere e sfruttare un capitale culturale di enorme valore.

Prof. Vito Matranga @ Bookalive Workshop

Ospitiamo qui di seguito l’intervento del Prof. Vito Matranga al Workshop,  con la presentazione del contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo.

Questo mio intervento sposterà per qualche minuto la nostra attenzione dal libro, e dunque dallo scritto, al documento sonoro, e dunque al parlato.

E’ utile premettere che una branca della linguistica moderna si occupa, infatti, non solo di lingue, ma anche e soprattutto di parlanti, ossia di cosa i parlanti fanno con tutti i codici verbali usati per la comunicazione all’interno di una comunità linguistica.

Ed è superfluo anche solo accennare, qui, all’importanza che in Sicilia hanno avuto ed ancora hanno quei codici verbali che chiamiamo dialetti, attraverso i quali ancora oggi viene veicolata una parte notevole dell’esperienza culturale di un territorio così ricco di storia e, sul piano sincronico, di varianti locali.

È necessario ricordare, inoltre, che alla fine degli anni ’80 prende avvio, per input e sotto la guida, di Giovanni Ruffino, quello che oggi è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come il più innovativo e ambizioso progetto geosociolinguistico di ambito romanzo, ossia l’Atlante Linguistico della Sicilia.

L’ormai quasi trentennale interesse di questo progetto nei riguardi dei dialetti dell’Isola e, più generalmente, nei riguardi di tutte le varietà del repertorio linguistico siciliano ha consentito la raccolta, presso il Centro di studi filologici e linguistici siciliani e il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo, di numerosi documenti orali di inestimabile valore sul piano linguistico e su quello etnografico. Si tratta di circa 5.000 ore di registrazione, in costante aumento, distribuite in una rete di oltre 200 punti linguistici della nostra regione: un patrimonio documentario in grado di (rap)presentare efficacemente, di testimoniare tanto la variazione linguistica quanto importanti aspetti della cultura popolare della Sicilia contemporanea.

Un tale corpus (in realtà, di un tale sistema di corpora) rappresenta oggi un’esperienza unica, non riscontrabile in altre realtà regionali italiane, non soltanto per la sua ampiezza, ma soprattutto per le caratteristiche delle informazioni in esso contenute. Si tratta, infatti, di documenti raccolti non casualmente, ma attraverso mirate campagne di indagine su argomenti specifici e con strategie di rilevamento scientificamente collaudate.

Ovviamente, così come non è sufficiente la sola presenza di numerosi libri per fare di essi una vera Biblioteca, non basta la sola disponibilità di una simile documentazione sonora per poterne fare un vero Archivio. Oltre l’80% delle nostre registrazioni è, però, oggi ordinato, nella sede dipartimentale dell’Archivio delle Parlate Siciliane, in una Banca Dati che ne consente un’agevole fruizione, grazie alla sistematica acquisizione dei contenuti di ogni singolo documento – giunto originariamente su bobina o su nastro analogico – in file sonori gestibili con i più comuni mezzi informatici. Questa operazione, d’altronde, risulta l’unica che ci consente, oggi, di preservare i documenti, tanto dall’usura dei supporti contenitori (prevalentemente nastri) quanto dall’obsolescenza degli apparecchi predisposti alla loro riproduzione.

Diversamente dai libri scritti, per la fruizione dei quali basterebbe, a rigore, l’uso esclusivo della vista, il documento sonoro stabilisce di per sé un rapporto privilegiato, originario con la tecnologia, considerato che esso nasce con la nascita stessa dell‘audio-registrazione e la sua fruizione non può avvenire senza un supporto tecnologico. Sembra una banalità ricordarlo oggi, ma la possibilità di disporre della registrazione vocale ha determinato non poche nuove condizioni teorico-metodologiche, e perfino epistemologiche, delle scienze linguistiche, o almeno di quelle discipline che, come la geografia linguistica e la sociolinguistica pongono le proprie fondamenta empiriche sulle informazioni raccolte attraverso le conversazioni con i parlanti e la loro osservazione.

La stessa innovazione, la stessa evoluzione, se non proprio “rivoluzione”, è avvenuta, e continua ad avvenire, con l’informatica. L’approccio informatico si è di fatto intrecciato con alcuni importati aspetti di ordine teorico-metodologico di alcune discipline linguistiche, nel momento in cui si è reso necessario mettere a punto sistemi informativi volti a gestire tutte le fasi della ricerca: la memorizzazione dei dati, la loro elaborazione, l’interrogazione e, non ultimo, la rappresentazione delle informazioni contenute nei documenti sonori.

Si comprende, allora, come per il nostro progetto geo-sociolinguistico dell’atlante siciliano sia importante la collaborazione con gli esperti informatici. Collaborazione che, in effetti, è stata avviata diversi anni fa con il gruppo coordinato da Antonio Gentile, che ha permesso la messa a punto di un sistema informativo assai complesso, il quale sfrutta efficacemente Banche Dati relazioni e sistemi gerarchici basati sull’etichettatura in XML dei fenomeni linguistici.

Oggi, con il progetto BookAlive, si intende fare un’ulteriore passo avanti in questa direzione: non solo un altro passo, ma un passo nuovo, nella collaborazione tra informatici e linguisti.

Già da diversi anni, all’interno del gruppo di lavoro dell’Atlante Linguistico della Sicilia, si è sentito l’esigenza di restituire alle comunità dei parlanti, e non soltanto a quella scientifica, le informazioni e i dati rilevati dal loro stesso territorio attraverso i cosiddetti rilevamenti sul campo. Infatti, tra i 50 volumi finora pubblicati, a partire dal 1995, nelle 4 diverse collane editoriali, 3 trovano collocazione nella collana denominata, appunto, L’ALS per la scuola e il territorio, inaugurata nel 2010. A questi si aggiungano i due grossi volumi dal titolo Lingue e culture in Sicilia, curati da Giovanni Ruffino, con contributi dei maggiori esperti siciliani di linguistica, letteratura e storia delle tradizioni popolari della Sicilia e destinati soprattutto a insegnanti e cultori.

Fino a questo momento, però, abbiamo potuto restituire al territorio solo una piccolissima parte dei frutti delle nostre ricerche e in formati a stampa, i quali non consentono ovviamente approcci diversi da quello della lettura. E se consideriamo che è a partire dai documenti sonori che noi operiamo le nostre analisi, non potere presentare e condividere con il territorio propriamente questi documenti, ci pone in condizioni quanto meno di disagio intellettuale.

Il progetto Bookalive, come dicevo, non intende continuare semplicemente un’esperienza pregressa, ma aprirne una nuova, nella prospettiva di definire le modalità più efficaci per potere raccontare un territorio, principalmente attraverso le testimonianze, i documenti tratti dal territorio stesso.

In questa fase, abbiamo pensato di limitare il campo applicativo all’area madonita, contemplando, tuttavia, la possibilità che il modello si possa estendere a tutta la regione, quando le energie intellettive, e soprattutto quelle finanziarie, ce lo permetteranno.

Dal punto di vista del modello, del format, occorre pensare che un documento sonoro tipicamente presenta un testo parlato, che siamo soliti chiamare «etnotesto», ossia – con accezione larga e semplificata – un atto locutorio che ci consenta di individuare informazioni sulla forma e sul contenuto e che, nello specifico, contiene interessanti informazioni etnografiche: poniamo, per esempio, il racconto di come si faceva e/o si fa un certo tipo di pane, o un piatto della tradizione alimentare, o come si praticava un certo gioco fanciullesco, ecc.

Per la fruizione quanto più piena di tali etnotesti, com’è facile comprendere, è necessario approntare un sistema di informazioni parallele evocate, pretese o non, dallo stesso racconto. Informazioni di corredo e di approfondimento che sfruttano supporti di diverso ordine:

  • quello testuale: con la trascrizione e la traduzione dei documento sonori, con le schede di approfondimento linguistico e etnografico, con le schede socioeconomiche e con quelle relative alla storia locale, e altro;
  • quello iconografico: con la rappresentazione fotografica di ambienti e oggetti;
  • quello filmico: soprattutto per la esemplificazione di particolari procedure e di momenti etnograficamente rilevanti.

Ma per chi, come noi, studia i fenomeni linguistici e etnografici anche in ragione nella loro distribuzione territoriale, importante è soprattutto la rappresentazione cartografica. Vorremmo, dunque, predisporre non soltanto carte testuali e statiche, ma anche carte interattive e dinamiche, che sfruttino modalità di interrelazione con le testimonianze orali, in grado anche di superare l’ormai obsoleto modello di carta parlante da noi messa a punto ed esemplificata nel 1997, benché abbia costituito la prima, gloriosa, carta parlante nella storia della Geografia linguistica.

Insomma, altre sfide ci aspettano.

Progetto

Preservare il sapere è un atto consolidato ma rendere accessibili i contenuti di una biblioteca o di un archivio storico è oggi una priorità strategica per la disseminazione della cultura ed il superamento del digital divide. Questo è l’obiettivo del Progetto BookAlive, ideato e condotto da InformAmuse S.r.l. nell’ambito del D.D.436 del 13/03/2013 – Avviso per la presentazione di progetti per il sostegno di START UP Linea 2: CULTURA AD IMPATTO AUMENTATO. Ambito: Digital Cultural Heritage.
Quanti turisti visitano le Biblioteche o gli Archivi Storici? Non si è molto lontani dal vero nel dire pochissimi. Eppure queste fortezze della conoscenza custodiscono veri gioielli della storia avventurosa di un popolo. La ragione principale è che i libri non si possono “visitare”, in particolare quelli antichi: sono delicati, preziosi, unici. Non è possibile, nella maggior parte dei casi, toccarli, sfogliarli, anche solo vederli.

BookAlive ha l’ambizione di proporre un approccio d’innovazione tecnologica di tale portata da ribaltare questa realtà. L’obiettivo generale è ricercare prima e realizzare poi un insieme di servizi (tecnologici e organizzativi) in modo da creare valore aggiunto durevole nel tempo.

Il progetto intende: a) proporre un workflow per la digitalizzazione e la fruizione del Libro Storico; b) ricercare i migliori standard di riferimento per la fruizione immersiva e multimediale dei contenuti documentali creando così i presupposti per la visita dei Libri Storici, con un’esperienza di altissimo coinvolgimento emotivo e culturale implementando i principi della Human Computer Interaction; c) ricercare soluzioni per la redazione digitale di oggetti editoriali che raccontino i documenti e i preziosi libri, mostrando fatti, personaggi storici e avvenimenti di grande rilievo, consentendo ai fruitori di portarseli a casa, in formato digitale, in modo da poterli fruire su dispositivi di ultima generazione, anche “mobile”.

Il prototipo di allestimento sarà realizzato all’interno della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana “Bombace”.

Partner dell’impresa sono: il Dipartimento Ingegneria Chimica Gestionale Informatica Meccanica (DICGIM), il “Dipartimento di Culture e Società (DCS); Dipartimento Scienze Umanistiche (DSU); Dipartimento Scienze Giuridiche, della Società e dello Sport (DSGSS).

La Biblioteca Centrale

Il Prototipo di allestimento del Progetto BookAlive sarà realizzato all’interno e con la collaborazione della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, a Palermo.

Nata come istituzione nel novembre 1782 nel complesso monumentale costituito dal Collegio Massimo dei Gesuiti e dall’attigua chiesa barocca di S. Maria della Grotta, divenne  Reale Biblioteca per ordine di Ferdinando I di Borbone. Il merito della sua costituzione va al Principe di Torremuzza, che chiamò il celebre architetto Venanzio Marvuglia per adattare la grande sala sul lato sud dell’edificio, odierna Sala di lettura generale.

Unificata l’Italia, essa prese il nome di Biblioteca nazionale  arricchendosi progressivamente, oltre che del patrimonio librario delle disciolte corporazioni religiose e di alcune raccolte bibliografiche di cittadini illustri, anche degli esemplari depositati per legge.

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Durante la II Guerra mondiale la Biblioteca fu pesantemente bombardata e i lavori di restauro e ulteriore adattamento cominciarono nel 1948,  col rifacimento della Sala di lettura generale ideata dal Marvuglia e la costruzione di una Torre libraria” alta ben 26 metri nell’antica chiesa sconsacrata di S. Maria della Grotta.

Nel 1977, a seguito del trasferimento delle competenze in materia di beni culturali dallo Stato alla Regione siciliana con la legge regionale 80/77, la Biblioteca ha assunto la denominazione di Biblioteca centrale della Regione siciliana, configurandosi come il massimo Istituto bibliotecario siciliano, cui sono assegnati compiti di rilevanza regionale.

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Partner

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Il Sistema Bibliotecario d’Ateneo, conserva e custodisce interi fondi di documenti di elevato pregio artistico e storico, raggruppando importantissimi volumi e documenti storici. L’università concorrerà al progetto con quattro dipartimenti:

DICGIM – Dipartimento Ingegneria Chimica Gestionale Informatica Meccanica, capofila;

DCS – Dipartimento di Culture e Società – Studi Culturali;

DSU – Dipartimento Scienze Umanistiche;

DSGSS – Dipartimento Scienze Giuridiche, della Società e dello Sport.

ALTRI PARTNER

Inoltre hanno presentato Lettera d’Intenti:

Biblioteca Centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”

Centro di studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo

Sistema Bibliotecario di Ateneo dell’Università di Roma Tre, Roma

Biblioteca del Senato della Repubblica Italiana “Giovanni Spadolini”

Biblioteca diocesana Pio XI della Diocesi di Caltagirone

Departamento Técnico Administrativon – Instituto de Ciencias, Universidad Nacional de General Sarmiento, Buenos Aires, Argentina

Centre d’étude des normes juridiques “Yan Thomas” presso Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Parigi, Francia

Faculdad de Derecho, Universidad del Paìs Vasco, San Sebastian, Spagna

Associazione Culturale Reti Medievali

Associazione Mediterranea no profit