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“Solennità lugubri e liete”, introduzione al testo del ‘600 sul funerale di Filippo IV

Ospitiamo qui con piacere l’articolo della Dott.ssa Valeria Patti sul volume seicentesco che tratta delle Solennità al Funerale di Filippo IV a Palermo, di cui ha parlato nella sua presentazione il Prof. Ninni Giuffrida. 

 

Immaginiamo un libro.

La nostra facoltà immaginativa, quella cioè che ci permette di richiamare immagini alla mente, elabora un oggetto, una forma più o meno semplice composta da una copertina e delle pagine bianche rilegate, contenenti parole e immagini. Il libro viene, cosi, codificato come simbolo; potremmo descriverlo senza averne mai visto uno.

E se il libro, durante il suo “cammino evolutivo”, perdesse queste caratteristiche? Diverrebbe forse altro?

Si tratta di una domanda retorica giacché ne conosciamo la risposta. Il libro cambia aspetto, reagisce agli stimoli e sopravvive. Sarà in grado, in sostanza, di uscire incolume dalle sfide tecnologiche imposte dal nostro tempo.

Immaginiamo allora un libro diverso.

Prendiamo quella forma “semplice” e, senza rinunciare alla sua essenza, aggiungiamo l’innovazione. Un esercizio mentale per nulla facile che tuttavia lascia spazio a genuini spunti di riflessione per lo studio e la realizzazione di un modello sperimentale.

L’intento, sembra doveroso spiegare, è quello di realizzare un prodotto multimediale (con estensione ePub) che sappia dare risposte adeguate al tema della conservazione/fruizione dei testi dematerializzati e contestualmente innestare in essi una maggiore interattività.

Il “soggetto-cavia” che abbiamo scelto per questa sperimentazione è un testo del 1666 che ben si presta allo scopo, conservato fisicamente presso la biblioteca centrale della regione Sicilia.

Come si può facilmente dedurre, non si tratta di un esemplare unico nel suo genere, anzi è possibile consultarlo tra i testi digitali della “famiglia” Google. Ciò che può sembrare a prima vista un aspetto negativo, la mancanza di unicità, permette invece di evidenziare, anche se in minima parte, lo stato dell’arte.

Il colosso americano, pioniere in questo settore, predilige la messa online dei testi come singole immagini alle quali associa, in alcuni casi, del testo editabile e un menù di navigazione del libro; il tutto scaricabile in formato PDF questo modello, per quanto possa sembrare funzionale, non è applicabile a un libro a stampa seicentesco. L’automazione che sta alla base della lettura delle immagini mediante software OCR, e che ne permette una veloce estrazione del testo, è incompatibile con i caratteri/font dell’epoca; sarebbe come voler sottoporre la grafia umana ad un lettore OCR. Google in ultima analisi è interessata ad un’acquisizione di tipo quantitativo dei testi, approccio che a lungo termine costringe, inevitabilmente, a tralasciarne l’aspetto qualitativo.

Per quanto riguarda la conservazione dei testi, il tema è largamente dibattuto, le biblioteche di tutto il mondo stanno elaborando sistemi sempre più sofisticati per la catalogazione dei testi dematerializzati, per non incorrere un domani nella perdita di questo patrimonio librario, circostanza che, qualora dovesse sopraggiungere, sarebbe da paragonare a ciò che fu, per l’epoca, il disfacimento della biblioteca Alessandrina.

Facendo tesoro di queste importanti esperienze, abbiamo, tuttavia, immaginato per il nostro libro un approccio diametralmente diverso.

Quello che segue non vuole certamente esaurire tutte le problematiche che ci siamo posti; siamo in una prima fase sperimentale, pertanto, possiamo offrire solo alcune riflessioni nate dal confronto tra la disciplina informatica e quella umanistica, impegnate nella composizione del nuovo “oggetto”.

Entrambe le anime del progetto hanno messo sul tavolo da lavoro delle proposte, legate alle specifiche competenze, che hanno come fine ultimo quello di sfruttare la tecnologia per ampliare le potenzialità sostanziali di una fonte scritta, trattandosi, nel nostro caso, di un libro antico; questo, come già detto, offre un caso studio interessante da cui è possibile ottenere una versione “2.0” della fonte.

Cerchiamo di spiegare come.

L’opera, Solennità lugubri e liete in nome della fedelissima Sicilia nella felice e primaria citta di Palermo, descrive l’apparato cerimoniale messo in piedi a Palermo nel 1666 per la morte del sovrano Filippo IV di Spagna con l’intento di tramandarne la memoria. Con le dovute proporzioni, potremmo azzardare, che lo scopo fosse di offrire al lettore una forma ante litteram di realtà aumentata. Alcune parti del testo sono, infatti, volutamente evocative permettendo al lettore di ricavarne, se pur artificiosamente, una percezione “ipermediale”.

Oggi, attraverso il formato ePub 3.0, è possibile rendere reale tale artificiosa percezione, attraverso l’inserimento di video, audio e animazioni.

C’è dell’altro. Facendo una ricerca su internet è possibile rilevare che esistono, sull’argomento, altri testi coevi, scritti e stampati in altre città, non solo d’Italia ma anche d’Europa. Se poi consideriamo anche le fonti conservate negli archivi, redatti affinché potessero essere funzionali alla celebrazione dei funerali di Filippo IV, avremo un quadro d’insieme piuttosto complesso. Auspichiamo di poter rendere, tra di loro, permeabili queste fonti, mettendole tutte in relazione, all’interno dello stesso eBook, agevolando in tal modo, soprattutto, chi non ha grande dimestichezza nell’utilizzare tali fonti.

Il libro che abbiamo immaginato, dunque, non è immobile; privato della sua staticità, si anima al suo interno e spinge, contemporaneamente, il lettore verso l’esterno. Nonostante ciò, resta un prodotto che possiamo con certezza chiamare, ancora, libro.

Valeria Patti

 

Prof. Vito Matranga @ Bookalive Workshop

Ospitiamo qui di seguito l’intervento del Prof. Vito Matranga al Workshop,  con la presentazione del contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo.

Questo mio intervento sposterà per qualche minuto la nostra attenzione dal libro, e dunque dallo scritto, al documento sonoro, e dunque al parlato.

E’ utile premettere che una branca della linguistica moderna si occupa, infatti, non solo di lingue, ma anche e soprattutto di parlanti, ossia di cosa i parlanti fanno con tutti i codici verbali usati per la comunicazione all’interno di una comunità linguistica.

Ed è superfluo anche solo accennare, qui, all’importanza che in Sicilia hanno avuto ed ancora hanno quei codici verbali che chiamiamo dialetti, attraverso i quali ancora oggi viene veicolata una parte notevole dell’esperienza culturale di un territorio così ricco di storia e, sul piano sincronico, di varianti locali.

È necessario ricordare, inoltre, che alla fine degli anni ’80 prende avvio, per input e sotto la guida, di Giovanni Ruffino, quello che oggi è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come il più innovativo e ambizioso progetto geosociolinguistico di ambito romanzo, ossia l’Atlante Linguistico della Sicilia.

L’ormai quasi trentennale interesse di questo progetto nei riguardi dei dialetti dell’Isola e, più generalmente, nei riguardi di tutte le varietà del repertorio linguistico siciliano ha consentito la raccolta, presso il Centro di studi filologici e linguistici siciliani e il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo, di numerosi documenti orali di inestimabile valore sul piano linguistico e su quello etnografico. Si tratta di circa 5.000 ore di registrazione, in costante aumento, distribuite in una rete di oltre 200 punti linguistici della nostra regione: un patrimonio documentario in grado di (rap)presentare efficacemente, di testimoniare tanto la variazione linguistica quanto importanti aspetti della cultura popolare della Sicilia contemporanea.

Un tale corpus (in realtà, di un tale sistema di corpora) rappresenta oggi un’esperienza unica, non riscontrabile in altre realtà regionali italiane, non soltanto per la sua ampiezza, ma soprattutto per le caratteristiche delle informazioni in esso contenute. Si tratta, infatti, di documenti raccolti non casualmente, ma attraverso mirate campagne di indagine su argomenti specifici e con strategie di rilevamento scientificamente collaudate.

Ovviamente, così come non è sufficiente la sola presenza di numerosi libri per fare di essi una vera Biblioteca, non basta la sola disponibilità di una simile documentazione sonora per poterne fare un vero Archivio. Oltre l’80% delle nostre registrazioni è, però, oggi ordinato, nella sede dipartimentale dell’Archivio delle Parlate Siciliane, in una Banca Dati che ne consente un’agevole fruizione, grazie alla sistematica acquisizione dei contenuti di ogni singolo documento – giunto originariamente su bobina o su nastro analogico – in file sonori gestibili con i più comuni mezzi informatici. Questa operazione, d’altronde, risulta l’unica che ci consente, oggi, di preservare i documenti, tanto dall’usura dei supporti contenitori (prevalentemente nastri) quanto dall’obsolescenza degli apparecchi predisposti alla loro riproduzione.

Diversamente dai libri scritti, per la fruizione dei quali basterebbe, a rigore, l’uso esclusivo della vista, il documento sonoro stabilisce di per sé un rapporto privilegiato, originario con la tecnologia, considerato che esso nasce con la nascita stessa dell‘audio-registrazione e la sua fruizione non può avvenire senza un supporto tecnologico. Sembra una banalità ricordarlo oggi, ma la possibilità di disporre della registrazione vocale ha determinato non poche nuove condizioni teorico-metodologiche, e perfino epistemologiche, delle scienze linguistiche, o almeno di quelle discipline che, come la geografia linguistica e la sociolinguistica pongono le proprie fondamenta empiriche sulle informazioni raccolte attraverso le conversazioni con i parlanti e la loro osservazione.

La stessa innovazione, la stessa evoluzione, se non proprio “rivoluzione”, è avvenuta, e continua ad avvenire, con l’informatica. L’approccio informatico si è di fatto intrecciato con alcuni importati aspetti di ordine teorico-metodologico di alcune discipline linguistiche, nel momento in cui si è reso necessario mettere a punto sistemi informativi volti a gestire tutte le fasi della ricerca: la memorizzazione dei dati, la loro elaborazione, l’interrogazione e, non ultimo, la rappresentazione delle informazioni contenute nei documenti sonori.

Si comprende, allora, come per il nostro progetto geo-sociolinguistico dell’atlante siciliano sia importante la collaborazione con gli esperti informatici. Collaborazione che, in effetti, è stata avviata diversi anni fa con il gruppo coordinato da Antonio Gentile, che ha permesso la messa a punto di un sistema informativo assai complesso, il quale sfrutta efficacemente Banche Dati relazioni e sistemi gerarchici basati sull’etichettatura in XML dei fenomeni linguistici.

Oggi, con il progetto BookAlive, si intende fare un’ulteriore passo avanti in questa direzione: non solo un altro passo, ma un passo nuovo, nella collaborazione tra informatici e linguisti.

Già da diversi anni, all’interno del gruppo di lavoro dell’Atlante Linguistico della Sicilia, si è sentito l’esigenza di restituire alle comunità dei parlanti, e non soltanto a quella scientifica, le informazioni e i dati rilevati dal loro stesso territorio attraverso i cosiddetti rilevamenti sul campo. Infatti, tra i 50 volumi finora pubblicati, a partire dal 1995, nelle 4 diverse collane editoriali, 3 trovano collocazione nella collana denominata, appunto, L’ALS per la scuola e il territorio, inaugurata nel 2010. A questi si aggiungano i due grossi volumi dal titolo Lingue e culture in Sicilia, curati da Giovanni Ruffino, con contributi dei maggiori esperti siciliani di linguistica, letteratura e storia delle tradizioni popolari della Sicilia e destinati soprattutto a insegnanti e cultori.

Fino a questo momento, però, abbiamo potuto restituire al territorio solo una piccolissima parte dei frutti delle nostre ricerche e in formati a stampa, i quali non consentono ovviamente approcci diversi da quello della lettura. E se consideriamo che è a partire dai documenti sonori che noi operiamo le nostre analisi, non potere presentare e condividere con il territorio propriamente questi documenti, ci pone in condizioni quanto meno di disagio intellettuale.

Il progetto Bookalive, come dicevo, non intende continuare semplicemente un’esperienza pregressa, ma aprirne una nuova, nella prospettiva di definire le modalità più efficaci per potere raccontare un territorio, principalmente attraverso le testimonianze, i documenti tratti dal territorio stesso.

In questa fase, abbiamo pensato di limitare il campo applicativo all’area madonita, contemplando, tuttavia, la possibilità che il modello si possa estendere a tutta la regione, quando le energie intellettive, e soprattutto quelle finanziarie, ce lo permetteranno.

Dal punto di vista del modello, del format, occorre pensare che un documento sonoro tipicamente presenta un testo parlato, che siamo soliti chiamare «etnotesto», ossia – con accezione larga e semplificata – un atto locutorio che ci consenta di individuare informazioni sulla forma e sul contenuto e che, nello specifico, contiene interessanti informazioni etnografiche: poniamo, per esempio, il racconto di come si faceva e/o si fa un certo tipo di pane, o un piatto della tradizione alimentare, o come si praticava un certo gioco fanciullesco, ecc.

Per la fruizione quanto più piena di tali etnotesti, com’è facile comprendere, è necessario approntare un sistema di informazioni parallele evocate, pretese o non, dallo stesso racconto. Informazioni di corredo e di approfondimento che sfruttano supporti di diverso ordine:

  • quello testuale: con la trascrizione e la traduzione dei documento sonori, con le schede di approfondimento linguistico e etnografico, con le schede socioeconomiche e con quelle relative alla storia locale, e altro;
  • quello iconografico: con la rappresentazione fotografica di ambienti e oggetti;
  • quello filmico: soprattutto per la esemplificazione di particolari procedure e di momenti etnograficamente rilevanti.

Ma per chi, come noi, studia i fenomeni linguistici e etnografici anche in ragione nella loro distribuzione territoriale, importante è soprattutto la rappresentazione cartografica. Vorremmo, dunque, predisporre non soltanto carte testuali e statiche, ma anche carte interattive e dinamiche, che sfruttino modalità di interrelazione con le testimonianze orali, in grado anche di superare l’ormai obsoleto modello di carta parlante da noi messa a punto ed esemplificata nel 1997, benché abbia costituito la prima, gloriosa, carta parlante nella storia della Geografia linguistica.

Insomma, altre sfide ci aspettano.

Antonio Gentile presenta il Progetto @ BookAlive Workshop

L’intervento di apertura del BookAlive Workshop del Prof. Gentile, Responsabile Scientifico.

L’idea, gli obiettivi e il ruolo dei Partner, oltre all’interesse delle comunità per l’iniziativa.

Libri, TEDx e stelle marine

Nel mondo anglosassone, negli Stati uniti come in Inghilterra, le biblioteche pubbliche spesso hanno numerose dipendenze locali all’interno di una comunità. Le dipendenze hanno un numero ridotto di volumi disponibili, soprattutto di narrativa commerciale, per favorire e diffondere la lettura e l’amore verso la letteratura. Ma sono numerose, e capita spesso che piccole città con una biblioteca centrale non importantissima abbiano fino a venti dipendenze locali, disperse su tutto il territorio comunale. Una presenza capillare. Forse per questo il numero dei lettori in quelle nazioni è molto più elevato che da noi.

Ma la crisi delle biblioteche e della lettura colpisce anche quei paesi, e molte biblioteche rispondono con la chiusura delle dipendenze locali. Altre invece fanno di tutto per salvarle, considerandole centrali per la diffusione del sapere. Perchè chiudere anche solo una o due dipendenze su venticinque può essere devastante.

Il perchè è spiegato da Philip Ardagh con una piccola e gustosa storia, che ho tradotto qui per voi dall’inglese.

” … una vecchia storia (probabilmente in origine da Loren Eiseley) di centinaia di stelle marine spiaggiate per una mareggiata proprio sulla battigia.  Un uomo e il suo cane che passeggiavano di là si imbatterono in una donna intenta a gettarle in mare.  Stupito, le chiese cosa stesse facendo.  ‘Le sto mettendo di nuovo in acqua per salvarle dalla disidratazione,’ spiegò la donna.

 L’uomo rise. ‘Ma che fate?’ chiese. ‘Ci sono così tante stelle marine, non fa alcuna differenza.’

 La donna prese un’altra stella marina e la gettò in mare. ‘Lo faccio per lei,’ rispose.

 Il giorno dopo, quando la donna ritornò sulla spiaggia vide lo stesso uomo, ma questa volta con i suoi figli, e tutti erano intenti a gettare in mare stelle marine. ‘Ciao’, la salutò con un sorriso. ‘Abbiamo pensato di venire e fare la differenza per qualche stella marina in più. ‘ “

Philip Ardagh conclude dicendo che “è ‘più facile salvare una libreria che esiste ancora che cercare di farne risorgere una quando è morta.”  E questo è certamente vero.

Invece a me la storia intriga per un altro motivo: qualunque cosa tu faccia, lo fai un passo alla volta. Non puoi salvare tutte le stelle marine, non puoi entrare nella spiaggia col bulldozer e rigettarle in mare insieme a tonnellate di sabbia. Morirebbero schiacciate. Ogni stella marina si salva se te ne prendi cura, una alla volta. Così come tutti i libri si salvano se li prendi uno alla volta, li leggi uno alla volta, li conservi uno alla volta.

Noi siamo intrisi dal meme della “massa”. Produzione di massa, comunicazione di massa, istruzione di massa, ristorazione di massa, disoccupazione di massa e via così. Deleghiamo alle macchine di costruire una penna alla volta, noi le vediamo solo tutte insieme, non sono più “penne” sono “una scatola con due milioni di penne”. Il mondo invece cambia, o si salva, quando facciamo le cose una alla volta.

La stessa cosa mi è capitata qualche sera fa, quando ho partecipato alla riunione di fondazione del comitato per l’evento TEDx  a Palermo, nel 2015. Il format americano prevede un pubblico massimo di 100 persone, e già in sala ci stavamo scervellando come aggirare quel limite per i più incomprensibile, perchè a noi piacciono i grandi eventi, la folla, la grandezza, la massa. Invece quel marchio rivoluzionario che è TEDx lavora per piccoli numeri, perchè sanno per esperienza che se crei in un giorno cento innovatori sfegatati, fra cinque anni quei 100 produrranno 5000 innovatori sfegatati e 50 aziende che hanno 15000 clienti appassionati, e via così.

Convincere e istruire cento persone già vicine al cambiamento è molto più facile che farlo con uno spettacolo che intrattenga 10.000 persone che hanno altri problemi e che sono lì per divertirsi. Rischi di non produrre alcun effetto.
Perchè devi prenderti cura delle stelle marine, una alla volta. Non puoi usare il bulldozer. Devi chinarti e prenderle con leggerezza, accompagnandole in mare.

Con cura.

Morto il libro, viva il libro

Scrivere un libro, leggere un libro, rilegare un libro, schedare un libro: un verbo e una parola; un’azione collegata ad un oggetto costituito da pagine di carta dove sono impresse parole, pensieri, riflessioni. Il libro è uno strumento essenziale per la costruzione di una civiltà e di una società ma, è anche il risultato di una innovazione tecnologia: l’uso dei caratteri mobili e del torchio da stampa. Nuova tecnologia con la quale si supera la grave crisi nella quale versava la civiltà del manoscritto. La copiatura dei testi effettuata dagli amanuensi, nonostante la razionalizzazione del lavoro e la moltiplicazione degli scribi, non riesce a far fronte alle sempre più pressanti richieste di un mercato che ha esigenze sempre più incalzanti di disporre dei testi necessari per costruire l’uomo del Rinascimento. La riproduzione meccanica sblocca questo mercato permettendo di ricopiare rapidamente e, in maniera uniforme, lo stesso testo comprimendo i costi e moltiplicando in modo esponenziale il numero delle copie da immettere nel mercato. Il manoscritto combatte la sua battaglia prima di morire: libri e manoscritti convivono sullo stesso scaffale, rilegati nello stesso modo, contengono in molti casi gli stessi testi ma, nel giro di pochi anni, il libro cannibalizzerà il manoscritto. Le pagine dei manoscritti serviranno per avvolgere i pesci al mercato e le pergamene dei codici saranno utilizzate come copertine per rilegare i libri.

Il libro da questo momento inizierà il suo percorso rafforzando in modo progressivo anche la sua presenza quantitativa sul mercato attraverso canali di penetrazione commerciale sempre più articolati e specializzati che confluiranno nella bottega del libraio. Un mercato che diventa sempre più articolato in quanto il libro serve a trasmettere non solo i pensieri ma, anche, le immagini (incisioni), oppure la musica grazie agli spartiti e le note musicali.

In questi anni stiamo vivendo una nuova rivoluzione tecnologica che sta trasformando radicalmente i processi di comunicazione legati all’uso della carta stampata. Si sta ripetendo, sotto forme nuove, il conflitto che ha visto contrapposti alcuni secoli fa il libro e il manoscritto. Il libro stampato sul supporto cartaceo resiste all’attacco sferrato dalla editoria immateriale che utilizza i supporti informatici e si diffonde utilizzando la rete internet, ma arretra inesorabilmente sotto il duplice attacco della digitalizzazione e della diffusione dei nuovi formati di lettura elettronica come il Pdf o gli ebook.

Il progetto BookAlive (rinascita del libro) mira proprio a verificare con specifiche sperimentazioni quali percorsi deve seguire la dematerializzazione del libro e come costruire qualcosa che non sia una riproduzione della pagina a stampa su supporto informatico come avviene quando si utilizza il formato pdf con il quale ci si limita a riprodurre digitalmente una pagina dell’oggetto libro, pensato e realizzato per il supporto cartaceo. Un passaggio che non deve sorprendere in quanto già vissuto nella transizione dal manoscritto al volume riprodotto con i caratteri mobili. Per fare accettare il nuovo oggetto bisogna che il modello grafico adottato si possa identificare con quello del codice manoscritto. Successivamente il libro vivrà di vita propria ma bisogna che passi il tempo e che si metabolizzino le potenzialità offerte dal nuovo strumento.

In questa prospettiva il nostro gruppo di lavoro ha scelto di effettuare una sperimentazione su un volume del ‘600, scelto di concerto con la Biblioteca centrale della Regione siciliana, dedicato al cerimoniale con il quale si sono celebrate le esequie del re Filippo IV. Si sta lavorando a costruire un modello che permetta di effettuare una lettura non già di un testo, digitalizzato come se fosse un’anastatica, bensì di una complessa struttura dove immagini, testo, suoni e commenti permettano di superare la lettura dei caratteri per proiettarsi in un nuovo modo di usare un oggetto che per comodità continuiamo a chiamare libro.
Morto il libro viva il libro: in realtà il libro non muore ma, come la fenice risorge sempre dal rogo sacrificale in una nuova forma.

Antonino Giuffrida

La Quadratura del Cerchio: COLLABORAZIONE

A volte osservando o leggendo di quelle fameliche corse fatte da individui che non hanno nessun pudore a sgomitare e sgambettare gli avversari pur di addentare l’osso per primi – e mi riferisco in qualunque settore che sia politico, economico, artistico, sportivo – finisco per chiedermi sempre la stessa cosa: ma collaborare è veramente un’utopia irrealizzabile?

In realtà no!
A volte accade, e nemmeno tanto lontano da noi, ma bisogna volerlo.

Recentemente ho ascoltato una bella storia su questo tema nata da un quesito:
come riuscire ad unire, ad esempio, tutte queste risorse?

– un numero x di persone
– secoli di Storia dell’Arte
– una Casa Editrice
– una piccola Libreria
– una Scuola pubblica dell’infanzia

La soluzione c’è ed è sempre la più semplice: ci si confronta, si focalizza sui bisogni dei singoli soggetti, e si cercano i possibili punti di contatto:

– esistono tante persone che hanno voglia di disegnare, dai bambini, ai semplici amatori che si dilettano per passatempo fino ai professionisti illustratori che con il “disegno” ci lavorano oppure “vorrebbero” farlo.
– un frammento della Storia degli Esseri umani, la Storia dell’Arte appunto,  spesso  rilegata come branca del sapere non strettamente necessaria, soprattutto in Italia, o momentaneamente trascurabile,  …insomma ci si chiede, ma l’Arte è un bene optional oppure può diventare concretamente un momento di crescita collettiva?
– una casa Editrice di libri sull’Arte e una piccolissima Libreria a Milano, come in ogni angolo del pianeta, hanno l’esigenza comune di sopravvivere.
– Una Scuola pubblica ha problemi di budget per sostenere la propria piccola biblioteca scolastica.

Un’idea!
Gli ingredienti sono tutti presenti sul tavolo ed una soluzione, infatti, viene fuori confrontandosi. Si va addirittura oltre, la soluzione ai singoli problemi diventa un gioco collettivo che coinvolge ed appassiona tantissime persone ed allo stesso tempo anche una sorta di format di autosostenibilità economica. Il gioco in questione si chiama  Pippo non lo sa ed è l’iniziativa intrapresa dalla piccola libreria Spazio B**k a Milano.

Una delle titolari della libreria milanese ha recentemente illustrato la sua interessante esperienza all’interno della conferenza sulla Sharing Economy, in calendario per l’evento Nuove Pratiche Fest – Innovazione Culturale tenuta presso i Cantieri Culturali alla Zisa a Palermo il 17 ottobre scorso. Tema attuale quello che vede l’analisi di queste nuove pratiche di  “economia collaborativa” oggetto ancora di una chiara definizione condivisa. Da questa conferenza, inoltre, sono emerse anche varie altre osservazioni sul  crowdfunding, cioè quelle strategie di “finanziamento collettivo” per sostenere attività culturali o imprenditoriali, perplessità su “come gestire al meglio il dopo campagna di raccolta fondi”, o “come continuare a seguire la comunità che si è nel frattempo costruita”, fino alle velature di scetticità di chi vede in queste forme di “aiuto” solo come una declinazione delle vecchie forme di “assistenzialismo”.

Eppure collaborando veramente insieme incastrando ad hoc gli elementi in gioco il cerchio si può chiudere per tutti.

Un’altra esperienza
La prima volta che sul web incontrai l’articolo sul sodalizio nato fra la Biblioteca pubblica di Seattle e Smashwords, la Piattaforma di Distribuzione di eBook Self Publishing fondata da Mark Coker nel 2008, sussultai. In effetti è logico che andasse così, come un gioco di tessere in un puzzle che ridefiniscono l’orizzonte della nuova Era Digitale che ha toccato temi importanti come il ruolo delle Biblioteche all’interno della comunità in linea con la progressiva digitalizzazione del sapere e il futuro dei nuovi autori digitali e il loro rapporto con il tassello finale della filiera: la distribuzione.

Dice infatti Mark Coker:

[…] we realized there was a natural opportunity for libraries to expand their mission, and secure an even more important place in the community by helping to promote a culture of authorship.

We’re now this much closer to closing the loop. A writer can come to the library, ask how to publish a book, get pointed to our publishing portal, publish a book, and then that book can be purchased by the library

Non fermarsi alle paure o apparenze che in prima istanza possono affiorare all’emergere di nuovi scenari è una pratica da coltivare se si intende proseguire lungo il sentiero della storia.
Anche guardarsi faccia a faccia e cooperare è una pratica da rivalutare, non è difficile, basta volerlo!

Angela M. Benivegna

Nuove forme di vita per la Biblioteca

Concetti come rete e condivisione sono da considerarsi ormai come delle keywords della nostra contemporaneità. Ogni attimo del quotidiano, personale, ricreativo o lavorativo, viene attraversato da ramificazioni capillari per connettere e trasmettere fatti e sensazioni in tempo reale a macchia d’olio. A volte tali scenari scatenano visioni futuribili allarmanti ma qui ne vogliamo cogliere invece le enormi opportunità, in tutti i sensi e non solo dal punto di vista tecnologico. 

E’ da una visione positiva delle idee che bisogna estrarre i semi per generare, si spera, una società civile. Rete e condivisione, che si manifestino nei fatti in maniera fisica o virtuale, sono occasioni da non perdere se si pensa alla Cultura e alla sua divulgazione.

L’applicazione in realtà come le Biblioteche sta già dando vita infatti ad interessanti nuove forme dello stesso concetto di Biblio-teca, in cui appunto il suffissoide “teca”:

“derivato dal greco theke ‘ripostiglio, deposito’ e usato con il significato di ‘collezione, raccolta, custodia’ in parole derivate direttamente dal greco”

ne sottolineava la consolidata forma nell’immaginario collettivo come baluardo e punto fermo dove conservare il sapere dell’uomo.

Nascono quindi interessanti idee come la Bibliometrò, ovvero un modo differente di pensare al prestito bibliotecario gratuito messo in atto all’interno della metropolitana di Madrid. Se non hai tempo di andare in biblioteca a ritirare il tuo libro è la biblioteca che si espande per venirti incontro: in 12 fermate della metrò spagnola infatti sono stati dislocati altrettanti “moduli” che accolgono un fondo di oltre 1300 titoli fra i più importanti della letteratura spagnola e universale ma anche le ultime novità editoriali.
Ogni utente tesserato può chiedere in prestito un massimo di 2 libri scegliendoli da appositi touch screen, per 15 giorni rinnovabili altri 15.

E cosa dire poi delle Biblioforeste a Berlino?
Derivate dal concetto di BookCrossing, ovvero l’idea di abbandonare i libri in luoghi dove altre persone possono trovarli e leggerli, in Germania i vecchi alberi morti riprendono vita lungo i viali urbani diventando delle ecolibrerie. Un approccio differente che coniuga la condivisione della cultura e  il rispetto per l’ambiente sotto l’unica regola di autodisciplina «prendere un libro ma condividerne subito un’altro», L’occasione è stata colta anche da numerosi autori indipendenti che colgono questa particolare opportunità per seminare le proprie storie autoprodotte.
Qui trovi l’articolo.

Se la volontà di divulgare la conoscenza c’è, allora si trova ogni mezzo per abbattere gli ostacoli ed arrivare ovunque. Proprio ovunque!
Esistono addirittura le Biblioburro, ne avete mai sentito parlare?
Sono sistemi di prestito bibliotecario ambulanti nati in luoghi come Colombia, Venezuela o Etiopia, dove “angeli del sapere” si muovono con asini, cammelli, carretti o motociclette per portare a destinazione i preziosi volumi.
Qui il link per averne un’idea.

In alcuni casi l’idea di sistemi bibliotecari alternativi sposa temi come il cambio di destinazione d’uso di luoghi o mezzi che altrimenti sarebbero stati abbandonati innescando la riqualificazione di tali risorse. Esempi arrivano dalla Bulgaria, dove vecchi bus dismessi diventano piccole oasi letterarie fra gli intrecci stradali, oppure da Londra dove le “storiche cabine telefoniche rosse”, messe in pensione dagli smartphone, vengono convertite in Microbiblioteche.
Trovi qui alcune immagini.

Una cosa ormai è chiara, il concetto di Rete scardina il verso unidirezionale che prevedeva l’esponenziale accumulo dei beni librari e la loro consultazione esclusivamente presso i punti fermi delle sedi delle Biblioteche a favore di una esplosione pluridirezionale del sapere verso le persone.

Il Sapere è vivo e rende vivi e per questo non può rimanere cristallizzato in un pugno di luoghi per sempre ma  si deve muovere, ramificare le connessioni e raggiungere ogni individuo.

Angela M. Benivegna

Il gusto sano delle storie “fatte in casa”

Autori aiutano altri autori a mettere in luce quel percorso che esiste e porta, ognuno con le proprie gambe, a prendere per mano quell’idea di racconto addormentata dentro i pensieri quotidiani, nei cassetti o fra le cartelle del proprio computer, per accompagnarla fra le braccia di chi aspetta nel suo immaginario di conoscere giusto quella storia, affezionarsene e magari farla propria.

Di cosa sto parlando? Di Self Publishing naturalmente. Ma non solo.

Non importa quale attimo di vita stiamo percorrendo, infanzia o adulta che sia, c’è sempre bisogno di una storia da ascoltare, che ci catturi l’immaginazione, ci coccoli o ci solletichi la curiosità. I racconti sono anch’essi cibo, fatto di fatti ma senza calorie, si intende, ed è innegabile che ci aiutano a crescere, a conoscere, a vivere, come una bella chiacchierata con una persona.

Perché allora negare un “racconto fatto in casa”?
Rifiutereste una fetta di crostata di mele casereccia? Certo, non tutti sono o saranno nella vita dei Master Chef in Alta Pasticceria, è ovvio, ma qui si tratta sicuramente di roba genuina. Ad ogni passione sincera si dedica tempo, costanza, amore e questo si nota anche se “imperfetta all’occhio”.
Le tecniche per affinare la propria creazione, comunque, si possono imparare, è comunque la “sostanza” che deve prevalere.
Nella metamorfosi che sta investendo il mondo dell’Editoria nell’Era del Digitale il Self Publishing è ormai una realtà da non sottovalutare. Cresce, non ci sono dubbi, anche in Italia.
E’ chiaro infatti, non basta più ai vecchi possessori del mazzo di chiavi per le sospirate porte della Pubblicazione, barricarsi dietro deboli convinzioni come “chi fa da sé è comunque di serie B”, “manca di professionalità” oppure “occorrono barriere per filtrare la qualità”, ecc.
Le carte in gioco in realtà sono altre: gli strumenti di Editing si moltiplicano diventando sempre più semplici da usare per ottenere pubblicazioni di livello professionale anche per chi non mastica software a colazione e proliferano anche e soprattutto le Piattaforme di Distribuzione.
La filiera è ormai completa.
L’Autore adesso può costruire da sé la propria chiave per il fatidico portone, ed ogni palato esigente può trovare la sua giusta ricetta per quando avrà voglia di qualcosa “fuori dagli schemi”, è lo Chef in persona a servirlo.

Nel grande pentolone della rivoluzione digitale in corso ci sono anche altre questioni bollenti che alimentano il caos nel mondo dell’Editoria, come quella che coinvolge i supporti, per esempio…
cosa scegliere? carta stampata o eBook multimediale,
quale standard adottare? PDF o ePub 3.0,
cosa cambierà per chi lavora con i libri o per realtà come Biblioteche e Librerie?
e quale forme prenderà la natura stessa del Raccontare spingendosi sulle potenzialità offerte dai nuovi media digitali? … il caos c’è ma si stanno tracciando i primi sentieri.

Alcuni Editori storceranno ancora il naso sulla validità delle Auto-Pubblicazioni, …figuriamoci poi se vengono pensate direttamente come prodotto digitale! Altri, più lungimiranti, ne cominciano invece ad intravedere le opportunità.[1] Sarà il tempo a dare le risposte.
Ma comunicare è un diritto e l’obiettivo comunque dovrebbe essere abbattere le barriere e non scervellarsi per mettere in piedi: filtri, ostacoli, cavilli, porte da sbattere in faccia o tortuosi labirinti da innaffiare copiosamente nella speranza che proliferino come gramigna.
E’ arrivato il tempo degli Autori Indipendenti? Forse si.
Saranno bravi abbastanza? Lo decideranno i lettori.

Buona lettura!

Angela M. Benivegna

Immaginazione per la biblioteca del futuro

Tutti noi siamo ben consapevoli della funzione straordinaria che le biblioteche hanno avuto nella vita e nella storia del genere umano.

Ma che dire del futuro?

Potremmo dire che i supporti cambiano, la funzione e gli scopi certamente no. Dalle tavolette d’argilla, ai papiri alle pergamene fino alla carta, qualunque oggetto bidimensionale che l’uomo ha inventato è diventato un supporto per l’apprendimento e la diffusione della cultura. L’avvento del digitale nella seconda metà del secolo scorso ha proposto nuovi supporti con nuove modalità di distribuzione del sapere. D’altra parte uno schermo è pur sempre un supporto bidimensionale.

Come possiamo davvero immaginarci il futuro? La fantasia potrebbe scatenarsi in molti modi, ma forse possiamo chiedere consiglio ad uno dei più grandi scrittori di fantascienza di tutti i tempi, Isaac Asimov, famosissimo per le sue storie sui robot, meno noto ma molto apprezzato come scrittore della più grande saga sociopolitica fantascientifica, la Quadrilogia della Fondazione.

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Senza scendere nel dettaglio potremmo dire che Asimov fa ruotare tutta la storia della rifondazione dell’Impero Galattico sull’esistenza di una Biblioteca Galattica, che funziona con visori e microfilm, sulla superficie di Trantor, un gigantesco pianeta centrale. Nei quattro romanzi della storia, ogni singola crisi viene risolta nelle sale della Biblioteca per un semplicissimo motivo: l’intero futuro dell’umanità è condizionato dal fatto che, all’inizio della storia, la Biblioteca è stata privata di tutte le informazioni circa una società di uomini chiamata Seconda Fondazione.

Tutto qui.

La storia procede per centinaia di anni e decine di protagonisti a partire da questo semplice fatto: qualcuno ha censurato la Biblioteca su un fatto.

Leggendo Asimov non si possono avere dubbi sul fatto che La Biblioteca esisterà sempre. Cambierà supporti, localizzazione, organizzazione e struttura, ma la sua essenza e funzione permarranno nel tempo fino alla fine dell’umanità.