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Prof. Vito Matranga @ Bookalive Workshop

Ospitiamo qui di seguito l’intervento del Prof. Vito Matranga al Workshop,  con la presentazione del contributo del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo.

Questo mio intervento sposterà per qualche minuto la nostra attenzione dal libro, e dunque dallo scritto, al documento sonoro, e dunque al parlato.

E’ utile premettere che una branca della linguistica moderna si occupa, infatti, non solo di lingue, ma anche e soprattutto di parlanti, ossia di cosa i parlanti fanno con tutti i codici verbali usati per la comunicazione all’interno di una comunità linguistica.

Ed è superfluo anche solo accennare, qui, all’importanza che in Sicilia hanno avuto ed ancora hanno quei codici verbali che chiamiamo dialetti, attraverso i quali ancora oggi viene veicolata una parte notevole dell’esperienza culturale di un territorio così ricco di storia e, sul piano sincronico, di varianti locali.

È necessario ricordare, inoltre, che alla fine degli anni ’80 prende avvio, per input e sotto la guida, di Giovanni Ruffino, quello che oggi è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come il più innovativo e ambizioso progetto geosociolinguistico di ambito romanzo, ossia l’Atlante Linguistico della Sicilia.

L’ormai quasi trentennale interesse di questo progetto nei riguardi dei dialetti dell’Isola e, più generalmente, nei riguardi di tutte le varietà del repertorio linguistico siciliano ha consentito la raccolta, presso il Centro di studi filologici e linguistici siciliani e il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo, di numerosi documenti orali di inestimabile valore sul piano linguistico e su quello etnografico. Si tratta di circa 5.000 ore di registrazione, in costante aumento, distribuite in una rete di oltre 200 punti linguistici della nostra regione: un patrimonio documentario in grado di (rap)presentare efficacemente, di testimoniare tanto la variazione linguistica quanto importanti aspetti della cultura popolare della Sicilia contemporanea.

Un tale corpus (in realtà, di un tale sistema di corpora) rappresenta oggi un’esperienza unica, non riscontrabile in altre realtà regionali italiane, non soltanto per la sua ampiezza, ma soprattutto per le caratteristiche delle informazioni in esso contenute. Si tratta, infatti, di documenti raccolti non casualmente, ma attraverso mirate campagne di indagine su argomenti specifici e con strategie di rilevamento scientificamente collaudate.

Ovviamente, così come non è sufficiente la sola presenza di numerosi libri per fare di essi una vera Biblioteca, non basta la sola disponibilità di una simile documentazione sonora per poterne fare un vero Archivio. Oltre l’80% delle nostre registrazioni è, però, oggi ordinato, nella sede dipartimentale dell’Archivio delle Parlate Siciliane, in una Banca Dati che ne consente un’agevole fruizione, grazie alla sistematica acquisizione dei contenuti di ogni singolo documento – giunto originariamente su bobina o su nastro analogico – in file sonori gestibili con i più comuni mezzi informatici. Questa operazione, d’altronde, risulta l’unica che ci consente, oggi, di preservare i documenti, tanto dall’usura dei supporti contenitori (prevalentemente nastri) quanto dall’obsolescenza degli apparecchi predisposti alla loro riproduzione.

Diversamente dai libri scritti, per la fruizione dei quali basterebbe, a rigore, l’uso esclusivo della vista, il documento sonoro stabilisce di per sé un rapporto privilegiato, originario con la tecnologia, considerato che esso nasce con la nascita stessa dell‘audio-registrazione e la sua fruizione non può avvenire senza un supporto tecnologico. Sembra una banalità ricordarlo oggi, ma la possibilità di disporre della registrazione vocale ha determinato non poche nuove condizioni teorico-metodologiche, e perfino epistemologiche, delle scienze linguistiche, o almeno di quelle discipline che, come la geografia linguistica e la sociolinguistica pongono le proprie fondamenta empiriche sulle informazioni raccolte attraverso le conversazioni con i parlanti e la loro osservazione.

La stessa innovazione, la stessa evoluzione, se non proprio “rivoluzione”, è avvenuta, e continua ad avvenire, con l’informatica. L’approccio informatico si è di fatto intrecciato con alcuni importati aspetti di ordine teorico-metodologico di alcune discipline linguistiche, nel momento in cui si è reso necessario mettere a punto sistemi informativi volti a gestire tutte le fasi della ricerca: la memorizzazione dei dati, la loro elaborazione, l’interrogazione e, non ultimo, la rappresentazione delle informazioni contenute nei documenti sonori.

Si comprende, allora, come per il nostro progetto geo-sociolinguistico dell’atlante siciliano sia importante la collaborazione con gli esperti informatici. Collaborazione che, in effetti, è stata avviata diversi anni fa con il gruppo coordinato da Antonio Gentile, che ha permesso la messa a punto di un sistema informativo assai complesso, il quale sfrutta efficacemente Banche Dati relazioni e sistemi gerarchici basati sull’etichettatura in XML dei fenomeni linguistici.

Oggi, con il progetto BookAlive, si intende fare un’ulteriore passo avanti in questa direzione: non solo un altro passo, ma un passo nuovo, nella collaborazione tra informatici e linguisti.

Già da diversi anni, all’interno del gruppo di lavoro dell’Atlante Linguistico della Sicilia, si è sentito l’esigenza di restituire alle comunità dei parlanti, e non soltanto a quella scientifica, le informazioni e i dati rilevati dal loro stesso territorio attraverso i cosiddetti rilevamenti sul campo. Infatti, tra i 50 volumi finora pubblicati, a partire dal 1995, nelle 4 diverse collane editoriali, 3 trovano collocazione nella collana denominata, appunto, L’ALS per la scuola e il territorio, inaugurata nel 2010. A questi si aggiungano i due grossi volumi dal titolo Lingue e culture in Sicilia, curati da Giovanni Ruffino, con contributi dei maggiori esperti siciliani di linguistica, letteratura e storia delle tradizioni popolari della Sicilia e destinati soprattutto a insegnanti e cultori.

Fino a questo momento, però, abbiamo potuto restituire al territorio solo una piccolissima parte dei frutti delle nostre ricerche e in formati a stampa, i quali non consentono ovviamente approcci diversi da quello della lettura. E se consideriamo che è a partire dai documenti sonori che noi operiamo le nostre analisi, non potere presentare e condividere con il territorio propriamente questi documenti, ci pone in condizioni quanto meno di disagio intellettuale.

Il progetto Bookalive, come dicevo, non intende continuare semplicemente un’esperienza pregressa, ma aprirne una nuova, nella prospettiva di definire le modalità più efficaci per potere raccontare un territorio, principalmente attraverso le testimonianze, i documenti tratti dal territorio stesso.

In questa fase, abbiamo pensato di limitare il campo applicativo all’area madonita, contemplando, tuttavia, la possibilità che il modello si possa estendere a tutta la regione, quando le energie intellettive, e soprattutto quelle finanziarie, ce lo permetteranno.

Dal punto di vista del modello, del format, occorre pensare che un documento sonoro tipicamente presenta un testo parlato, che siamo soliti chiamare «etnotesto», ossia – con accezione larga e semplificata – un atto locutorio che ci consenta di individuare informazioni sulla forma e sul contenuto e che, nello specifico, contiene interessanti informazioni etnografiche: poniamo, per esempio, il racconto di come si faceva e/o si fa un certo tipo di pane, o un piatto della tradizione alimentare, o come si praticava un certo gioco fanciullesco, ecc.

Per la fruizione quanto più piena di tali etnotesti, com’è facile comprendere, è necessario approntare un sistema di informazioni parallele evocate, pretese o non, dallo stesso racconto. Informazioni di corredo e di approfondimento che sfruttano supporti di diverso ordine:

  • quello testuale: con la trascrizione e la traduzione dei documento sonori, con le schede di approfondimento linguistico e etnografico, con le schede socioeconomiche e con quelle relative alla storia locale, e altro;
  • quello iconografico: con la rappresentazione fotografica di ambienti e oggetti;
  • quello filmico: soprattutto per la esemplificazione di particolari procedure e di momenti etnograficamente rilevanti.

Ma per chi, come noi, studia i fenomeni linguistici e etnografici anche in ragione nella loro distribuzione territoriale, importante è soprattutto la rappresentazione cartografica. Vorremmo, dunque, predisporre non soltanto carte testuali e statiche, ma anche carte interattive e dinamiche, che sfruttino modalità di interrelazione con le testimonianze orali, in grado anche di superare l’ormai obsoleto modello di carta parlante da noi messa a punto ed esemplificata nel 1997, benché abbia costituito la prima, gloriosa, carta parlante nella storia della Geografia linguistica.

Insomma, altre sfide ci aspettano.