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Strumenti di sostegno alle attività produttive: quale futuro

Ospitiamo in questo post l’opinione di Francesco Paolo Trapani, dottore commercialista e revisore legale con specifica esperienza in gestione di progetti di investimento assistiti, per approfondire il tema del sostegno alla attività produttive con suggerimenti operativi piuttosto che teorici. Alla vigilia della nuova programmazione settennale, ora più di prima è importante offrire contributi che siano maturati da chi ha passato lunghi anni in trincea. La speranza è quella di essere propositivi e, ovviamente, essere ascoltati.

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Implacabilmente, con l’approssimarsi del concreto avvio del ciclo settennale di programmazione comunitaria, riparte la discussione sull’efficacia del sistema regionale, nazionale ed europeo di sostegno alle attività produttive.

A lungo si è discusso dell’efficacia delle varie tipologie di sostegno e dei principi di politica economica alla base dei metodi di incentivazione anche con la partecipazione ed il contributo di valenti studiosi ed economisti.

Più raramente, tali argomenti sono stati affrontati con pragmatismo, cercando comprendere punti di forza e punti di debolezza degli strumenti normativi in campo.

Periodicamente, gli operatori del settore (al quale immeritatamente appartengo) hanno assistito al succedersi di ondate di movimenti di opinione contro un determinato strumento di incentivazione, tutti legati a doppio filo ad una serie di luoghi comuni sull’argomento. Quante volte abbiamo sentito in questi ultimi anni parlare, soprattutto in ambienti politici, di “campi di margherite”, di “frammentazione della spesa”, “fondi spesi in mille rivoli”, di “peso eccessivo della burocrazia” senza che queste affermazioni si trasformassero in un concetto articolato, in una proposta sensata non condizionata dall’isteria del momento.

Negli ultimi anni abbiamo visto strumenti interamente costruiti su meccanismi autocertificativi sostituiti da logiche di controllo ossessive, procedure di valutazione basate su criteri oggettivi – ma complicati e fuori dal tempo – sostituite dagli odiosi meccanismi di erogazione mediante il click day mortificanti per il professionista e senza alcun senso dal punto di vista Politico Economico. Abbiamo assistito, in ultima istanza, a moti di opinione e decisione non supportati da analisi preventive, senza adeguato coinvolgimento dei professionisti del settore, forse gli unici soggetti in grado di fornire una valutazione la più oggettiva possibile, non condizionata da interessi politici e di categoria.

Ecco perché ho accolto con entusiasmo l’invito di Antonio Gentile. Poter affrontare il tema dal punto di vista del tecnico consulente dell’impresa è un’occasione che non mi sono lasciato sfuggire.

Considerata la platea dei potenziali lettori, certamente competenti a non specialisti, vorrei evitare accuratamente noiose dissertazioni su specifici aspetti dell’una piuttosto che sull’altra norma (almeno in questo contributo) per limitarmi ad alcune considerazioni di carattere generale, provando ad indicare ciò che ritengo debba essere modificato o migliorato nelle metodologie di sostegno delle attività produttive e della ricerca:

  1. Dal possesso delle carte al possesso dei requisiti. La maggior parte delle procedure per la concessione delle agevolazioni finanziarie, prevede la partecipazione a bandi pubblici. La prima selezione delle istanza avviene in sede di presentazione delle domande di accesso mediante l’esclusione di coloro che hanno omesso di allegare parte della documentazione richiesta, forsanche una semplice dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Tale rigidità è giustificata dalla presunta necessità di velocizzare i tempi istruttori e garantire la pari trattamento a tutti gli aventi diritto ma finisce con il favorire le aziende marginali che sopravvivono solo grazie ai contributi pubblici e, proprio per questo, maggiormente in grado di produrre volumi spesso considerevoli di carte, dichiarazioni e progetti. Tutto ciò produce un evidente danno all’interesse collettivo in quanto non consente di valutare l’azienda maggiormente meritoria di essere incentivata quanto piuttosto quella maggiormente in grado di produrre carte… La soluzione è semplice: modificare l’approccio in sede istruttoria o valutativa consentendo alle aziende di poter integrare la documentazione mancate o dimostrare incontrovertibilmente, in un tempo ragionevole ma sufficientemente compresso (15 gg), il possesso dei requisiti di accesso richiesti dal bando.
  1. Certezza dei tempi istruttori. Le misure di natura valutativa sono spesso appesantite da lunghissime procedure di selezione e valutazione post istanza. Dopo la presentazione della domanda e dopo la “mannaia” di cui al punto precedente, si precipita in un limbo chiamato “istruttoria”. I tempi sono certi e compressi solo dal lato del beneficiario il quale, spesso, si trova costretto a dover risponde alle richieste di chiarimento dell’ente in tempi irragionevolmente brevi salvo poi attendere mesi una risposta, un parere da parte di esperti e valutatori. Proporrei, in questo caso, l’adozione dei principi del silenzio assenso onde motivare i soggetti preposti alle valutazione ad esprimersi in tempi rapidi
  1. Modificabilità dei partenariati. Gli ultimi cicli di programmazione hanno enfatizzato il ricorso a logiche di rete e partenariati complessi. In teoria i processi di stabile collaborazione (reti, meta distretti, distretti produttivi ecc.) possono determinare vantaggi competitivi per settori produttivi, aree o addirittura per interi paesi ma, per i progetti assistiti sono una autentica iattura. Maggiore è il numero di aziende che costituiscono un partenariato finanziato, maggiore è la probabilità che tale partenariato sia soggetto a modifiche a causa di variabili finanziarie, amministrative o produttive. Crisi d’impresa, modifiche societarie, liquidazioni, fallimenti di singoli partners spesso minoritari possono determinare il collasso dell’intera iniziativa. In questo caso, sarebbe auspicabile un impianto normativo tale da consentire le modifiche dei partners non più in grado di portare avanti l’iniziativa con altri soggetti interessati ed in grado di dimostrare il possesso dei requisiti di accesso a far data dalla presentazione della domanda.
  1. Certificabilità oggettiva dei piani finanziari di copertura. Uno dei principali motivi di crisi nell’avanzamento progettuale è direttamente connesso con crisi finanziarie e di liquidità del beneficiario. Di fronte ad una difficoltà di natura finanziaria, l’impresa è naturalmente portata a sospendere le spese “non indispensabili” e spesso, le spese relative ad investimenti materiali ma soprattutto immateriali, sono le prime della lista. Per ovviare a questo problema sarebbe opportuno introdurre un meccanismo di valutazione del piano finanziario di copertura del progetto proposto che, a parere di chi scrive, dovrebbe essere oggettivo e dimostrabile (ovviamente al netto del contributo) sin dal momento dell’ottenimento del decreto di concessione.

I quattro punti appena esposti costituiscono, a mio parere, un esempio di un approccio metodologico atto a migliorare, piuttosto che a cambiare radicalmente le procedure e le norme in atto e sono certamente discutibili nel senso che costituiscono certamente spunto di discussione.

Francesco Paolo Trapani
(Contatta Francesco per email)

#MatteoStartUsUp!

Lettera aperta al Presidente del Consiglio On. Matteo Renzi

Presidente,

nel Marzo 2013 il MIUR ha emesso il primo  bando di finanziamento diretto alle startup innovative delle regioni in obiettivo convergenza, a valere sui fondi PAC (Bando Startup).

Le intrinseche caratteristiche delle startup innovative, le loro fragili strutture finanziarie, hanno inizialmente reso impossibile l’attuazione della misura con le regole stabilite per il PONREC. Il MIUR (Ufficio VII AT-PAC) ha attivato da subito numerose semplificazioni per permettere la partecipazione delle giovani Aziende, strategicamente importanti per le economie delle regioni del meridione d’Italia.

L’istituzione di un tavolo tecnico con i rappresentanti dei 38 progetti ammessi a finanziamento ha permesso la rimozione di numerosi ostacoli normativi permettendo un confronto aperto e costruttivo con il MIUR.

Con un iter complesso, che ha coinvolto il MIUR, gli Esperti Tecnico-Scientifici e gli Istituti di Credito Convenzionati, si è arrivati all’avvio della maggior parte dei progetti e alla stipula degli atti.

Siamo adesso davanti ad uno stallo. La palla è nelle mani degli Istituti di credito che sono responsabili in solido della riuscita dell’intera iniziativa, ma che agiscono come se fossero parte terza.

Sarebbe opportuno che lo spirito che ha animato l’azione del MIUR venga fatto proprio dagli Istituti di Credito in modo da eliminare tempestivamente gli ostacoli e accelerare i tempi di risposta.

Ulteriori ritardi inevitabilmente porteranno al collasso di molte delle più innovative startup delle regioni in obiettivo convergenza. E al fallimento di tutta la misura, nata proprio per incentivarle.

Questi i fatti. A te intervenire.

Antonio Gentile